Il mondo come io lo vedo
La pace di Dio e la pace degli uomini
Se dalla moltitudine di teorie dovrei sceglierne una, non trovo alcuna più adatta del pensiero cristiano. Non trovo utile per la vita nulla che non abbia come radice la persona umana, i suoi bisogni primordiali, la sua dignità e libertà. Quando collego la dignità e la libertà del cristiano nel suo esistere al mondo, mi riferisco alla modalità di continua rivalutazione delle circostanze, condizioni di vita, salute, sopravvivenza di ciascuno nel rispetto di tutti gli altri. Il campo, l’orizzonte del cristiano è a 360°, non è fissato rigidamente, il suo nord è Gesù Cristo che si sposta ovunque.
Non ci sarà mai una nazione dove Gesù non potrà essere conosciuto, anzi, riconosciuto nei fratelli.
Quando ho cambiato la residenza in Sicilia, a Termini Imerese, dunque dal nord, Torino, al sud, mi capitò che in un preciso giorno del fine settimana, arrivava a bussare alla porta una copia di anziani, cercavano la vecchia inquilina. Hanno colto l’occasione per provare ad insegnarmi quello che diceva la Bibbia, lui, sempre con il libro in mano. Da quella parte le porte si aprono a metà; cioè, puoi tranquillamente aprire la parte alta della porta, la finestra – senza aprire tutta la porta. Così abbiamo iniziato un dialogo “in due piedi”, senza mai farli entrare, venivano da Palermo. Questo “dialogo” si è svolto per due, tre volte, dopo non sono più ritornati. Nel loro espormi la “novità” non esisteva la Madonna: “non scrive nella Bibbia, nel Vangelo” nulla …
Guardi, ho detto, che non scriva nulla, a me proprio non risulta, che non si faccia una dea lo so che si rischiava ai tempi … ma guardiamoci un po’ intorno. Forse stiamo vivendo, illudendoci solo dei racconti, Atti degli apostoli, di 2000 anni fa? Oppure c’è stata una continuazione, un reale collegamento tra quei tempi, i santi, la Madonna, Gesù e tutta una serie di miracoli che hanno accompagnato la storia dei popoli da allora ai nostri tempi? Se la Madonna non ci fosse una Vergine, non poteva esistere una Arca della nuova alleanza, in cui – custodire un corpo divino, immacolato. La dottrina dell’Immacolata concezione che è da sempre valida, ha però una “data di nascita” nei nostri documenti odierni, relativamente – molto recenti. Sarebbe a dire che per primi 1800 anni – non era valida la dottrina? La nascita della Vergine non era un caso, era un vaso eletto da Dio dall’alba dei tempi, anche i demoni erano alla conoscenza di questa intenzione di Dio Padre.
Facciamo fatica a credere, perché vogliamo vedere chiaro, ma non siamo disposti a cambiare – a sintonizzare le nostre “antenne satellitare” verso Dio.
Credo, basta essere onesti con sé stessi, analizzare per bene la propria vita, quella dei più stretti familiari per trarre delle conclusioni. Non c’è battaglia più dura di quella con sé stessi e con le proprie abitudini. Quello che mi piace, quello che mi stimola, quello che mi fa star bene con me stessa … al primo posto io, al costo di rompere l’anima a tutti gli altri? No, ecco quello che il vero cristiano si domanda e cerca di equilibrare: trovare la modalità, la formula più equa per vivere in pace, concordia con tutti gli altri, anche con suoi nemici.
Anche un animale feroce se è trattato con dolcezza ha un atteggiamento di gratitudine, cerca la persona che si comporta nei suoi confronti con amore. Ai nostri occhi il mondo può sembrare un caos, ma anche se può sembrare così, qualche decreto segreto di Dio è in atto. Tutto ha un limite, tutto ha un argine, incluso il male, l’odio. Ogni evento ha un perché, nulla capita per caso, la lettura è cifrata, ma esiste.
Mi domando anche io perché una guerra può esistere, qualcosa deve aver scatenato la molla … Sappiamo che oggi, non viviamo più nei tempi dei briganti, quando chiunque poteva attaccare e rapinare chiunque, che sia a livello di nazioni, a livello tribale – oppure viviamo ancora in quei tempi?
Mi domandavo oggi, 4 ottobre, la giornata di San Francesco, Patrono d’Italia, il grande rivoluzionario del dialogo interreligioso, cosa ci racconterebbe della vera pace il poverello di Assisi e mi venivano in mente cose che mi sono capitate anche a me … La pace che arriva dagli uomini e la pace che viene da Dio, ecco il mistero da riscoprire, perché non è una semplice invenzione, illusione di uno che si immagina e basta, no.
La pace di Dio è un cambiamento radicale, una visione, un metro con cui tutto quello che ci capita nella vita è misurato, guardato, assimilato come Volontà divina nei nostri confronti. Ribadisco, il vero cristiano è un investigatore puro sangue, analizza tutto e mette in discussione tutto in continuazione, perché se la parte non combacia con l’intero, non gli appartiene. Nel cuore di colui che ha la pace di Dio, non arrivano più devastazioni, la vita e la morte sono le facce della stessa medaglia, la coscienza è una guida, un GPS che ci guida ovunque. Nulla si può fare senza la coscienza, contro di essa, ogni decisione è priva di fondamenta. La nostra coscienza è il nostro arbitro, il nostro giudice, il nostro verdetto finale. Nella libertà di scelta, il nostro libero arbitrio e la nostra coscienza concordano sul nostro modo di pensare, vivere questa unica vita. La pace di Dio è un equilibrio interiore, una roccia, una certezza che di fronte ad ogni ostacolo bisogna mantenere la calma, pregare di essere illuminati dallo Spirito Santo nelle scelte da fare.
La pace di Dio è una consapevolezza, una lettura in chiave, senza pregiudizio, Dio non ama la superbia, non sta mai dalla parte della prepotenza, lotta accanto allo straniero, orfano, vedova, schiacciati, ai diseredati, ai poveri. La pace di Dio può benissimo abitare nel cuore del più calpestato, del malato terminale, del sofferente … Dove nessuno arriva per aiutare, arriva Dio in persona. Leggevo, forse negli scritti di Santa Teresa d’Avilla, che Dio a volte per le anime a Lui care, in modo particolari, per disegni che solo Lui conosce, a volte ritira come dal mondo e dalla famiglia, in disparte, colui che deve rimanere, dipendere solamente da Lui. Come vanificare ogni aiuto umano, rimanendo solo Lui, l’unico aiuto. Nella storia dei santi, mistici ci sono casi del genere. Non ha limiti nell’inventarsi modalità con cui rivolgersi a ciascuno, il Suo dialogo con l’anima è personalizzato, se vogliamo, anche in dialetto … È molto più difficile spiegare usando parole comuni quello che l’anima comprende in un battito d’occhio.
Come dire, i Suoi, che magari non si rendono conto che siano Suoi scelti, ma che lo sono perché combattono una giusta battaglia, che sia per giustizia, che sia per religione, giustizia sociale … dalla parte della verità, soffrendo, beffati, derisi, calpestati ma <<in piedi>>, costruttori di pace, hanno Dio come sostegno. Dall’alba dell’umanità chi sta dalla parte della verità, della giustizia, della concordia, della pace, della carità, della fratellanza, sta dalla parte di Dio. Tutto quello che è contrario, ha come forza il demonio. Questo odio è antichissimo, è un sangue che bolle, pieno di veleno. Ogni potenza che va mantenuta con la corruzione, la prepotenza, calpestando i diritti umani dei più deboli, speculando sulla loro debolezza, costringendoli ad accettare condizioni disumane nel cambio di una misera paga … qui l’elenco potrebbe essere lunghissimo di casi particolari che ogni nazione avrà da raccontare.
Quale nazione non ha mai avuto casi di pedofilia, stupro, infanticidio … Corruzione nella pubblica amministrazione, stragi, delitti feroci, depistaggi, spionaggio … tradimenti. Tutte questi delitti hanno come qualcosa in comune, qualcosa di diabolico, di disumano. Perché la falsa testimonianza è una condanna del giusto, l’omertà è un voltare le spalle alla giustizia, alla verità. L’indifferenza diventa colpa se il vero ed il falso sembra essere uguale, portato allo stesso valore, il colpevole e l’innocente sono uguali per l’indifferente. A chi serve una simile cittadinanza? Non dire la verità per paura è uguale con non dire la verità perché non hai proprio la voglia di dirla? Una cittadinanza che non ha più il senso della giustizia, dei suoi doveri, attenta solo ai diritti, non porta da nessuna parte. La consapevolezza, la responsabilità non sono cose da poco conto, in grado di cambiare la coscienza di una intera nazione.
La pace data dagli uomini è una pace concessa, ha un termine di scadenza, ha delle condizioni, va firmata, concordata poi rispettata. Chi non è dentro quei trattati rimane fuori, non si è sicuri se qualcuno rimane fuori, eppure tutti vivono sullo stesso pianeta, abitano in condomini diversi, cioè continenti diversi – stessa città, Terra. Il prezzo del gas sembra il prezzo che alcuni inquilini possono pagare oppure no, poiché hanno un riscaldamento autonomo, il palazzo è l’Europa nel nostro caso, il disaggio è alle porte. Che l’inverno sia solo fuori dal corpo umano, mai dentro. L’era glaciale non abbia mai sopravento sul cuore umano.
La pace non è solo assenza della guerra, non è solo sicurezza – poiché sicurezza assoluta non esiste, sarà trasformato in atto di volontà, la pace di Dio quando incontra la pace degli uomini fa sì – che l’uomo, anche se ha una arma in mano, la butta giù, rifiuta di usarla perché è consapevole che l’altro è uno come lui, con una famiglia, una madre, un padre, figli … un passato e grazie al suo non uccidere, un futuro.
Io la penso semplicemente così. Ho la convinzione che qualsiasi cosa accada, siamo nelle mani di Dio, al cospetto di Dio e basta, responsabili delle nostre scelte.
Credo e più passa il tempo ne ho la convinzione che, la vera pace verrà quando non ci saranno più nazioni in estrema povertà, quando ogni nazione che eccede in ricchezza farà DA SOLA la SUA OFFERTA alla nazione più povera, adottata per amore di Dio. I confini allora non saranno più di filo spinato, perché nessuno avrà bisogno andare via dalla propria terra, perché avrà tutto di cui ha bisogno. Dottore, scuola sul territorio, mezzi di trasporto in orari utili, ciascuno avrà il suo culto – poiché non credo che esista religione che richieda l’uccisione dei fratelli. La pace tra popoli è una fratellanza non illusoria ma vera, non ci sono riusciti a costruirla che in parte, vale la pena provare e riprovare, perché è l’unica modalità per mettere fine anche alla caotica immigrazione, fonte di guadagni illeciti dai pochi sulla pelle dei tanti. Arrivare a farsi togliere un rene per potersi pagare l’attraversata, rischiando la vita, non è segno di emancipazione, ma ben altro, un traffico disumano.
È un dovere cercare sempre di scoprire la verità e divulgarla.
La verità è patrimonio dell’umanità.
L’olio donato dalle REGIONI ITALIANE per la lampada votiva del Santo Patrono d’ITALIA, San Francesco d’Assisi
Le Regioni donatrici dell’Olio
1939 Lazio
1940 Piemonte
1941 Lombardia
1942 Liguria
1943 Assisi
1944 Campania
1945 Toscana
1946 Marche
1947 Abruzzo
1948 Sardegna
1949 Emilia Romagna
1950 Sicilia
1951 Calabria
1952 Puglia
1953 Veneto 1954 Basilicata
1955 Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige
1956 Lazio
1957 Piemonte
1958 Lombardia
1959 Liguria
1960 Umbria
1961 Campania
1962 Toscana
1963 Sardegna
1964 Abruzzo
1965 Marche
1966 Emilia Romagna
1967 Sicilia
1968 Calabria
1969 Puglia
1970 Veneto
1971 Basilicata
1972 Friuli Venezia Giulia
1973 Molise
1974 Lazio
1975 Valle D’Aosta
1976 Umbria
1977 Lombardia
1978 Liguria
1979 Campania
1980 Toscana
1981 Sardegna
1982 Marche
1983 Abruzzo
1984 Emilia Romagna
1985 Sicilia
1986 Calabria
1987 Puglia
1988 Veneto
1989 Basilicata
1990 Friuli Venezia Giulia
1991 Molise
1992 Trentino Alto Adige
1993 Umbria
1994 Lazio
1995 Lombardia
1996 Piemonte
1997 Liguria
1998 Campania
1999 Toscana
2000 Marche
2001 Sardegna
2002 Valle D’Aosta
2003 Sicilia
2004 Abruzzo
2005 Emilia Romagna
2006 Calabria
2007 Puglia
2008 Veneto
2009 Basilicata
2010 Trentino Alto Adige
2011 Molise
2012 Friuli Venezia Giulia
2013 Umbria
Cercavo chi ha portato l’olio nel 2014 e ho trovato che non solo il governatore della Regione, ma anche il Ministro della Scuola – il crocifisso nelle aule … sentenza più in alto
Rieti ad Assisi: accensione della Lampada votiva dei Comuni d’Italia
2014 – LAZIO
“È stata un’intensa due giorni di fede quella vissuta dalla delegazione diocesana di Rieti ad Assisi il 3 e 4 ottobre, durante il 75° anniversario della proclamazione di San Francesco patrono d’Italia.
I fedeli reatini, insieme a quelli delle diocesi del Lazio si sono recati in pellegrinaggio ad Assisi in occasione della festa di San Francesco, per offrire l’olio che alimenta la Lampada votiva dei Comuni d’Italia. Fu proprio il Lazio la prima Regione ad accendere la lampada 75 anni fa, pochi mesi dopo il 18 giugno 1939, giorno in cui Pio XII proclamò San Francesco d’Assisi, insieme a Santa Caterina da Siena, patrono d’Italia.
E l’occasione del 2014 è stata forte non solo dal punto di vista della fede, ma anche per l’intenso sapore civile.
Al fianco delle diocesi del Lazio, infatti, è stata presente anche una delegazione regionale guidata dal presidente Nicola Zingaretti. Circa 80 sindaci – trai quali anche il nostro Simone Petrangeli e il primo cittadino della capitale, Ignazio Marino – in rappresentanza dell’intero territorio regionale. Presente anche una delegazione del Governo, che ha visto la presenza del presidente del Consiglio, Matteo Renzi e del ministro della Scuola, Stefania Giannini“.
OLIO AD ASSISI
2016 -PIEMONTE
2018 – LA CAMPANIA
https://www.ildenaro.it/lampada-san-francesco-lolio-arriva-dalla-campania/
2020 – LE MARCHE
2021- SARDEGNA
Nobel per la pace arrivati ad Assisi
https://sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/religione/lampada-di-san-francesco-45251
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/foto/nobel-per-la-pace-ad-assisi-225
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/fede/padre-turoldo-e-il-mistero-delle-parole-52616
Nel libro <<Scabri sassi>> di Guerrino Maccagnan, Riflessioni con P. David M. Turoldo
Una riflessione con cui mi trovo completamente d’accordo. Trattasi di amicizia, lavoro, portiamo convinzioni che ci “tengono in piedi”, che danno una certa firma sul nostro operato, ed è importante sapere, condividere gli stessi valori, per comprendere se si va nella stessa direzione.
Fede
Fede e Morale: “senza fede, una qualsiasi fede, non è possibile una morale: infatti scegliere è darsi una morale; ma per scegliere una cosa bisogna credere in quella cosa”, “perché prima si crede e poi si agisce; e si agisce conformemente a quanto si crede”. Più volte P. David ha ribadito il primato della fede sulla morale, perché solo essa può dar senso alle azioni umane e alla storia: “La morale, appunto perché appartiene al divenire, deve sempre cambiare, deve cercare di esprimersi in nuove forme, in nuovi rapporti”. “Vedete: non esiste un primato dell’etica, ma esiste un primato della fede. Dimmi in che cosa credi (oppure non credi) e poi ti dirò chi sei; e come ti dovrai comportare lo deciderai tu stesso; proprio secondo le convinzioni che hai. Ecco perché il discorso di fede deve sempre venire prima; anzi si deve fare solo un discorso di fede, e lasciare ciascuno libero di fare le sue scelte, di sentirsi attore della Parola, responsabile della sua piccola o grande storia”.
Fede e Dio: In quale Dio credere? P. David non cerca le prove della sua esistenza: “Certo che c’è, e c’è per tutti, anche per chi non ci crede; solo che a me non interessano le prove per dimostrare che c’è. Ogni prova può avere una controprova. La Bibbia non dà mai una prova dell’esistenza di Dio. Egli è – Io sono – e non puoi farne a meno, e basta”. E una volta trovato, non si può relegare nel fondo della nostra anima per risvegliarlo nei giorni di festa: “Il Dio della domenica non convince più nessuno: oggi molti, e specialmente tra i giovani, vogliono un Dio del lunedì e del martedì ecc. Cioè, il credente non sarà più un lusso come lo era per certa gente, e tanto meno un’abitudine; sarà sempre meno uno strumento di classe dominante”. Il pericolo è proprio che Dio diventi strumento, machiavellicamente inteso, di potere: il principe delle tenebre (demonio) può apparire sotto ogni veste, perfino sotto quella del credente. P. David mette in guardia: “Non c’è nulla di più dannoso che credere in un Dio sbagliato. Anche Cristo è stato condannato perché aveva bestemmiato Dio”. Ma va tenuto presente che “perfino la bestemmia, per quanto incivile e assurda, è una prova paradossale di credenza”. La fede, quando è autentica, va oltre lo scandalo (“deve essere più grande e più forte di tutto ciò che ci può scandalizzare”); va oltre il miracolo (“non ha bisogno di incredulità”); va oltre qualsiasi segno di violenza e di morte. La fede è sempre oltre, perché ha fine in Dio, cioè nell’Essere infinito.
Di fronte alla possibilità di travisare la fede o addirittura di falsificare l’oggetto della fede (appunto un Dio sbagliato), P. David indica due caratteristiche essenziali della fede cristiana: a) non è l’uomo che cerca Dio, ma Dio che cerca l’uomo (“l’uomo come passione e dramma di Dio”); b) l’amore si modella su quello di Cristo (“Amatevi come io vi ho amato” – Gv. 13,34).
Se dunque la fede, come dice P. David, è quasi un istinto, “perché la struttura dell’uomo è divina, e le radici del credere sono affondate nel sangue”; se è la perla rara, che dobbiamo mantenere lucida e brillante; se è la fiamma che deve illuminare il cammino della nostra vita; se è banco di prova per i nostri dolori e le nostre speranze (vedi Abramo, Giobbe, Maria), è giusto pregare così: “Io credo, Signore, ma tu aiuta la mia incredulità”. Era la preghiera di un cieco che cercava la luce. Era la quotidiana preghiera di P. David. Perché la fede non è semplicemente un dono, ma un dono che si conquista. Ogni giorno.
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/societa/informare-per-combattere-la-mafia-52610
- La Lampada di San Francesco
La Lampada di San Francesco
All’architetto Ugo Tarchi fu affidato il compito di disegnare una lampada votiva e nei primi giorni del settembre 1937, inviò al padre Generale il disegno della lampada, con una dettagliata descrizione:
“La lampada votiva, di m. 1,20 di altezza, e tutta in bronzo lucido ed argento. L’asse centrale, forgiato a croce, s’innalza dal centro della tazza che, nella sua forma semisferica simboleggia il mondo. In alto, la turrita corona d’Italia reca, nei quattro scudetti, lo stemma di casa Savoia, il Fascio Littorio, la Lupa Romana e lo stemma della città di Assisi. Sull’orlo della coppa staccano contro il fondo luminoso dell’alabastro le parole del verso dantesco: Altro non è che di suo lume un raggio. Al di sotto della coppa la frase dedicatoria: I Comuni d’Italia al Santo. Al di sopra della tazza, tre colombe d’argento sostengono col becco una corona di ulivo, sovrano e universale simbolo di pace”.
L’ACCENSIONE DELLA LAMPADA VOTIVA IN ASSISI
Il 4 ottobre d’ogni anno la Basilica di San Francesco in Assisi diviene il cuore pulsante di tutta la Nazione italiana. Alla presenza di gran folla di fedeli e di alte personalità della gerarchia ecclesiastica e dello Stato, il Sindaco del capoluogo d’una regione scelta a turno a rappresentare la Patria, riaccende la Lampada votiva che rischiara la cripta dove riposano le spoglie mortali del Poverello di Dio.
Per un intero anno la Lampada arderà con l’olio offerto, a nome di tutti gli italiani, dagli abitanti di quella regione.
La suggestiva cerimonia si ripete dal 4 ottobre 1939. In quell’anno, mentre Pio XII proclamava Francesco d’Assisi patrono primario d’Italia (18 giugno), i Comuni della Nazione offrivano al loro celeste Patrono l’artistica Lampada alla cui coppa gira tutt’intorno il verso dantesco Altro non è che di suo lume un raggio (Par. XXVI,33). Il linguaggio del Divin Poeta mette bene in evidenza il simbolismo che si è voluto dare alla Lampada e alla cerimonia nella sua annuale riaccensione: l’Italia tutta ravvisa nel Poverello di Dio il mistico «sole» che, levatosi ad Assisi come da «oriente» (Par. XI, 50-54), spande ovunque sulla terra i potenti raggi della sua luce spirituale di cui quella Lampada non è che un segno d’un tenue bagliore.
Ogni anno, perciò, nella regione italiana che si reca in Assisi a offrire l’olio per la Lampada votiva, è tutta l’anima della Nazione che vibra e si china riverente e grata al tutto serafico in ardore (Par. XI,37) che il mondo intero scosse e illuminò con l’esemplarità della sua vita evangelica e con il suo messaggio di amore e di fratellanza universale.
LA LUCE DISCRETA
Nella penombra della Tomba di Francesco, l’innamorato di Cristo, si vede ardere per tutto l’anno una piccola luce. Non è invadente, ma discreta: molti neppure la notano, ma non è fatta per attirare l’attenzione. È la lampada votiva alimentata dall’olio che i Comuni d’Italia offrono annualmente per il tramite di quella Regione che a turno li rappresenta in occasione della festa del Santo, il 4 ottobre. Una luce per essere lì, almeno col desiderio, in preghiera. Per dire a Francesco: insegnaci la tua povertà, insegnaci a vedere un fratello in chi ci circonda.
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/rubriche/san-francesco/la-lampada
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/san-francesco-di-assisi/filmografia
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/foto/parole-povere–nascere–greccio-4130
La Tomba di San Francesco
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/rubriche/san-francesco/la-tomba
Il corpo di San Francesco è tumulato sotto l’altare della Basilica Inferiore di Assisi. Alla sua tomba si accede attraverso due rampe di scale. Il luogo, volutamente spoglio, costituisce il cuore del santuario francescano. Il Santo morì alla Porziuncola la sera del 3 ottobre del 1226.
Il suo corpo fu traslato temporaneamente nella chiesa di San Giorgio, di cui rimangono ancora alcuni elementi architettonici all’interno del chiostro del monastero clariano.
Il 25 maggio del 1230 il corpo del Santo fu inumato definitivamente, con grande solennità, nella Basilica a lui intitolata, ma ancora in costruzione. Da allora, quello che era indicato popolarmente come il “colle dell’Inferno”, perché luogo di esecuzioni capitali, divenne nell’immaginario devozionale il “colle del Paradiso”. Fra Elia, il celebre fattivo promotore del vasto cantiere assisiate, depose il corpo del Poverello sotto l’altare maggiore, racchiuso in un sarcofago di pietra pesante dodici quintali e inchiavardato in una gabbia di ferro, poi ricoperto da pesanti lastre di travertino, ricoprendo il tutto con colate di calcestruzzo.
A seguito di richieste reiterate lungo i secoli, Pio VII permise che si procedesse al rinvenimento delle sacre spoglie. L’opera di escavazione segreta, durata 52 notti, dal 12 ottobre al 2 dicembre 1818, presentò difficoltà immani e quasi insormontabili. A rinvenimento effettuato, un’apposita commissione costituita dai vescovi dell’Umbria, da periti laici e da notai, procedette finalmente alla riapertura della Tomba e all’oculata ricognizione dei resti mortali del Santo, ridotti allo stato di scheletro.
Esauriti gli esami necessari e i normali atti processuali, Pio VII, con rescritto del 5 settembre 1820, dichiarava certa e indubitabile l’identità del corpo di San Francesco, decretandone l’assoluta inamovibilità dal luogo originario, ordinando nel contempo anche l’allestimento di una cripta decorosa e pienamente agibile. La cripta fu realizzata in compiuto stile neoclassico dall’architetto romanico Pasquale Belli. Tra il 1926 e il 1932, l’architetto Ugo Tarchi, la ridusse in stile neo-romanico per assecondare un clima di maggiore semplicità. La cripta ospita, in perfetto asse con l’Altare Maggiore della Basilica Inferiore, l’urna di pietra che per secoli ha conservato e tutelato le spoglie del Poverello di Assisi. Ai quattro cantoni della crociera furono poi traslate, dal transetto sinistro della Basilica Inferiore, le spoglie mortali di quattro seguaci di San Francesco: frate Rufino, frate Leone, frate Masseo e frate Angelo Tancredi. In fondo alla piccola navata, all’incrocio delle scale di accesso, furono traslate e qui tumulate anche le spoglie mortali di Jacopa de’ Settesoli, nobildonna romana che San Francesco chiamava affettuosamente con il nome di “frate” Jacopa.
Il 24 gennaio 1978, per disposizione di Paolo VI, si procedette ad una nuova ricognizione del corpo di San Francesco, che oltre a confermare i dati precedenti, permise anche un migliore intervento conservativo delle spoglie, sistemate in una piccola scatola di plexiglass, chiusa nella precedente cassa bronzea del 1820, a sua volta deposta nell’originale urna di pietra.
Davanti alla Tomba del Santo arde la lampada votiva anch’essa progettata da U.Tarchi che viene alimentata dall’olio donato ogni anno da una diversa regione italiana per la festa annuale del 4 ottobre e che reca inciso il verso dantesco: “Non è che di suo lume un raggio”.
Il restauro portato ottimamente a termine nel 2011 figura come il primo restauro della cripta di San Francesco dopo la ricostruzione del Tarchi.
Non è giusto da parte mia, privarvi di quello che avevo scoperto al Santuario Madonna del Frassino, a Peschiera del Garda, combinazione – andata nello stesso agosto del 2019, quando avevo visitato Assisi, lamentandomi per 3 giorni con il santo, ma anche con Santa Chiara. Ero venuta sotto la sua festa. Mi sono lamentata con il santo per come non va nulla nel campo amministrativo, sociale … Faccia qualcosa, è CAPO di Stato a livello religioso, davanti a Dio, su quello che capita in Italia. Ed io ci credo veramente nella sua potenza.
NOSTRA SIGNORA DI Mariazell di Rino Cammilleri
1 milione di visitatori l’anno per il santuario più importante d’Austria.
E un prodigioa: la cacciata dei sovietici grazie a una crociata del Rosario
Nel 2007 il papa tedesco Benedetto XVI Ratzinger, in visita apostolica, ha donato al santuario il tradizionale e prestigioso riconoscimento pontificio della Rosa d’oro. Dopo la seconda guerra mondiale proprio qui venne un francescano, padre Petrus, a implorare la Madonna per la sua patria. L’Austria era stata infatti divisa in quattro zone d’occupazione e i sovietici tenevano quella principale con la capitale Vienna. Molotov, quello che aveva firmato il <<patto>> con Hitler che aveva dato il via alla guerra, era ancora ministro degli esteri e aveva detto chiaro e tondo che l’Urss non avrebbe fatto mai alcun passo indietro, né da lì né da nessun alatro posto. Ci si aspettava da un momento all’altro un colpo di stato comunista, come a Praga e a Budapest. L’Occidente sembrava rassegnato a perdere anche l’Austria. Ebbene, a MARIAZELL padre Petrus sentì distintamente una voce interiore che rispondeva alla sua implorazione: <<Pregate il rosario tutti, tutti i giorni, e sarete salvi>>. Il religioso prese sul serio l’esortazione, si attivò immediatamente e in breve riuscì a organizzare una Crociata nazionale del Rosario. Il movimento crebbe a vista d’occhio e arrivò a coinvolgere milioni di austriaci.
Il miracolo del Rosario
Di giorno e anche di notte processioni si susseguivano, in città, in campagna, scandite dalla recita del rosario. Tutti i ceti erano rappresentati, perfino il presidente Leopoldo Figl. Tutti con la corona in mano, sotto lo sguardo indispettito dell’Armata Rossa. Gli anni passarono, ma la Crociata non si stancò. Ebbene, dieci anni dopo l’inizio dell’occupazione, nel 1955, il cancelliere austriaco venne convocato a Mosca. Qui, al cospetto del Soviet Supremo, gli fu comunicato che l’Urss si sarebbe ritirata dall’Austria in cambio della promessa di neutralità, cioè di equidistanza tra i due blocchi ideologici. Non era mai successo e la cosa stupì tutti gli osservatori. Mai l’Urss aveva accettato di ritirarsi da un Paese che aveva occupato. Soprattutto spontaneamente. Quel giorno era un 13 maggio, giorno di Fatima. Il ritiro sovietico avvenne in ottobre, mese del ROSARIO. Marzo 2018, IL TIMONE
Nel mese di settembre del 1900, Teresa andò in pellegrinaggio a Roma per il Giubileo. Visitò Parigi, Genova ed incontrò il Papa Pio X. Poi si recò a Firenze, Venezia e Padova. Pregò sulla tomba di Santa Chiara e di San Francesco d’Assisi, (era una terziaria francescana).
Il gesto di VERONICA della sesta Stazione – quel gesto che Mons. Alessandro Pronzato sottolinea perché ridà la DIGNITA’ – serva di Dio, ha delle rivelazioni molto particolari per il gesto simbolico compiuto da VERONICA – siamo lontani dal aver compresso pienamente la Via crucis di Gesù, piena di simboli, ancora in atto
UNA LUCE, UN FUOCO CHE ARDE
Novembre, 1880:
“A Nostro Signore è piaciuto permettermi di partecipare più pienamente alla Sua terribile ed amara Passione, durante la scorsa settimana, ed ha impresso nell’anima mia, più chiaramente di quanto avessi mai visto, la sesta Stazione, in cui Santa Veronica porge un panno a Nostro Signore per asciugargli il Volto. Egli mi ha fatto sentire di aver inaugurato Lui stesso questa devozione che Lo riguarda sì da vicino e che Gli è sì cara: quella al Tempio della Divina Sapienza, imprimendo l’immagine del Suo Sacro Volto sul Sacro Lino offertogli da Veronica… Ricompensò in tal modo la sua pietà consolandosi al pensiero della gloria, dell’amore e della compassione che verrebbero offerti, in futuro, a Lui e all’Adorabile Trinità da questa devozione. O Tempio della Divina Sapienza, Potenza direttrice che regola e governa tutti i moti dell’Amore del Sacro Cuore, che tutti gli spiriti possano conoscervi, tutti cuori amarvi, tutte le lingue lodarvi, ora e sempre! Voi siete vera mente la Luce che splende nelle tenebre, l’altezza e la profondità della Scienza, poiché in Voi tutte le cose sono presenti. O mio Signore e mio Dio, io vi scongiuro, per il Tempio della Divina Sapienza, per l’amore del Vostro Sacro Cuore, per tutto il Prezioso Sangue che avete sparso, per i dolori ed i tormenti che ha patito la Vostra Sacra Umanità, di imprimere ora il Vostro Sigillo su questa devozione e di dare a Monsignor nostro Vescovo una prova positiva della Vostra Santa Volontà a questo riguardo. O Signore, accelerate il giorno in cui inabissando i nostri sguardi nelle profondità della Vostra Divina Sapienza e del Vostro Inesprimibile Amore, potremo tutti da quaggiù cominciare a godere della beatitudine infinita contemplando questo Volto che è la gioia dei Santi e sarà anche la nostra per tutta l’eternità. O Luce, o Amore, venite presto e placate questo fuoco ardente che consuma tutto il mio esse-re, venite a compiere la Vostra Volontà ed a realizzare il mio unico desiderio! O Signore non tardate oltre! O Voi che sin dall’inizio avete detto: Sia la luce- e la luce fu, parlate adesso, o Dio Onnipotente; comandate che questa Luce inestinguibile si manifesti e che i raggi risplendenti di questo Sole illuminino i nostri spiriti ed i nostri cuori. Dimostrate, o Signore se tale è la Vostra Volontà, che Voi siete il Dio Vivente e Vero”.
SEDE, SANTUARIO DELLE POTENZE DELL’ANIMA Dl GESÙ CRISTO
11 novembre 1880
“Mi avete domandato (credo) perché Nostro Signore desidera che il Suo Sacro Capo sia onorato come Santuario delle potenze della Sua Santa Anima, allorché l’anima è certamente in tutto il corpo ed il capo non viene considerato come il principio attivo di tutte le potenze dell’anima. Ecco cosa comprendo: la ragione od intelligenza è in noi la parte dell’anima più vicina a Dio ed in maniera speciale l’immagine di Dio. Cosa dico? Essa è la luce stessa di Dio nell’anima, per la quale noi vediamo Lui tale quale Egli è, e noi quali siamo: essa ci rende capaci di distinguere il bene dal male. E come il capo è sede delle potenze del
ragionamento e le facoltà dello spirito vi riposano, così dal Sacro Capo sgorgano in torrente di Luce risplendente, Scienza, Sapienza, Intelligenza ed una Potenza conduttrice per dirigere e governare la Volontà e gli affetti del Sacro Cuore.
In questo vediamo il collegamento tra queste due grandi devozioni: le potenze che regolano il Sacro Cuore risiedono nel Sacro Capo. Non darò più dettagli perché ritengo che ciò che desiderate sia chiaro. L’anima penetra tutte le parti del corpo, ma come le potenze del ragionamento sono le facoltà più elevate dell’anima, come si dice che la testa le contiene in modo speciale nel loro tempio e che la memoria risiede nel cervello, così la ragione guida la volontà e l’amore o gli affetti del cuore umano. La testa è la parte più elevata e nobile dell’uomo: pertanto non voglio dire che l’anima sia divisa, no; ma che queste tre potenze, benché realmente distinte non possono essere separate, come non lo potrebbero le Persone della Santa Trinità. Esse formano assieme una sola anima immortale e perfetta nelle sue potenze quando questa è piena di Grazia santificante, quale la Santa Anima di Gesù”.
“Nostro Signore mi ha fatto capire che, se i peccati commessi per debolezza della volontà e gli affetti mal riposti Lo offendono gravemente, i peccati d’intelletto li superano di molto in numero e gravità. I peccati di orgoglio (ora più che mai) allontanano tanto le anime dall’amore e dalla sottomissione alla Chiesa da riempirne l’inferno e questa sedicente luce del XIX secolo (assomigliante ad un fuoco fatuo) eccita gli uomini ad aspirare all’acquisizione di vane chimere, dando loro in apparenza ciò che a loro, in sostanza, viene tolto; si insegna agli uomini ad assorbire veleno e loro se ne nutrono; si dà loro da bere al fiume della (sedicente) scienza, le cui acque sono pestilenziali e procurano la morte. Nostro Signore disse: “Li riconoscerete dai loro frutti”; noi vediamo, di conseguenza, che questa scienza non è di Dio, ma del male e questo frutto non proviene dall’Albero della Vita. Così, quando questa luce, accesa dagli uomini per loro stessi, li condurrà tutti a perdersi (voglio dire che il numero di coloro che si lasciano guidare da essa è molto grande), Gesù, Vera Luce, si leverà e diffonderà la Vera Luce, la Sapienza ed il fervore sulla faccia della terra. Ci darà da mangiare il frutto dell’albero della Scienza, ci nutrirà di buon alimento: il Frumento dei Suoi eletti. Ci farà bere il Vino che genera i vergini e ci sazierà di nettare e miele. Egli dà gratuitamente e noi attingiamo con abbondanza all’Essenza della dolcezza e delle cose buone. Il Sole di Giustizia sta per sorgere e noi Lo vedremo nella Luce stessa del Suo Volto e, se ci lasciamo guidare da questa Luce, Egli aprirà gli occhi della nostra anima, istruirà la nostra intelligenza, darà raccoglimento alla nostra memoria, nutrirà la nostra immaginazione di una sostanza reale e vantaggiosa, guiderà e farà piegare la volontà, ricolmerà il nostro intelletto di cose buone ed il nostro cuore di tutto quel che esso possa desiderare”.
MONS. ALESSANDRO PRONZATO nella sesta Stazione – VERONICA
VI Stazione (Don Alessandro Pronzato – Via Crucis del peccatore)
Il coraggio del gesto che non risolve nulla
<<Non ha apparenza né bellezza da attirare i nostri sguardi, non splendore perché ce ne possiamo compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomini, familiare col patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia … >> (Is 53, 2-3).
C’è chi vorrebbe epurare dalla <<Via Crucis>> questa donna. Il suo gesto non è registrato dal Vangelo. Quindi – così dicono – si abbia, una buona volta, il coraggio di scacciare dal racconto della Passione questa intrusa della misericordia, questa <<abusiva>> che non è in grado di esibire il biglietto con il timbro della storia.
Eppure, guai se <<saltasse>> questa stazione. Sarebbe la squalifica di un mondo popolato da animali equipaggiati di ragione e di un robusto … cuore di pietra.
Se Cristo, lungo la Sua via dolorosa, non avesse incontrato una sola persona capace di compiere il gesto di Veronica – un fazzoletto passato furtivamente su un volto sfatto dalla stanchezza e ingrommato di sudore sangue e sputi – allora, veramente, mi vergognerei del nome di uomo.
Allora si dovrebbe affrontare geografi e astronomi e dirgli chiaro e tondo: <<Cari e illustri signori, avete preso un colossale abbaglio nel presentarci la terra secondo la forma che vediamo nei mappamondi. Correggete il vostro errore. In realtà, la terra ha la forma di una gabbia e dentro ci sono due specie di belve: quelle che si buttano, avide, sulla preda, e quelle che assistono, impassibili, allo scempio>>.
No. Per fortuna, c’è questa donna col suo fazzoletto. Tutti abbiamo bisogno di lei. Perché ci venga riconosciuto almeno un briciolo di dignità.
Ma la verità storica? Le prove dell’autenticità dell’episodio?
Qui è il caso di dire che la verità la facciamo noi.
Le prove vanno ricercate, non nel passato, ma nelpresente. Io posso fornire queste prove. Io sono in grado di dimostare l’esistenza storica di Veronica.
Se almeno una volta mi sono fermato di fronte a una disgrazia altrui.
Se ho il coraggio di rompere il cerchio dell’indifferenza generale.
Se mi ritengo responsabile della sofferenza di un fratello.
Se non mi vergogno di avere un cuore in grado di commuoversi.
Se conservo la capacità di piangere sui casi di un poveraccio.
Se me la sento di sfidare l’impopolarità e il ridicolo e tutte le argomentazioni del buonsenso e della prudenza e della logica per precipitarmi a tendere la mano verso chi – anche con uno sguardo – implora aiuto.
Se non compio indagini per accertare <<a chi tocca>>.
Se non faccio calcolo sui rischi, su <<che cosa mi può succedere>>, sui guai che posso avere …
Allora Veronica è veramente esistita, è una creatura in carne e ossa. Allora il suo gesto è <<provato>> storicamente. Allora l’episodio che la riguarda è autentico. Allora è garantita la sopravvivenza della sesta stazione.
Mi pare, però, di intuire le ragioni dell’antipatia di tanti <<maestri>> per questa donna, del loro torcere il naso dinanzi al suo gesto pietoso <<che non risolve nulla>>. Loro avrebbero preferito rifare il processo a Gesù
Accertare le responsabilità degli altri
Denunciare le efferatezze delle torture
Sensibilizzare l’opinione pubblica
Analizzare le cause del dolore
Programmare un piano <<articolato>> di interventi
magari scrivere un manuale sul modo <<più corretto>> di esercitare la carità.
E, intanto, il Condannato si sarebbe dovuto accontentare di una astratta testimonianza di solidarietà, di un interessamento verbale. L’Uomo avrebbe consumato fino in fondo, nella propria carne, la fase del sacrificio, mentre quegli altri si attardavano nella fase di studio.
Un gesto concreto, modesto, insufficiente fin che si vuole, ma pure sempre un <<segno>> di amore.E l’amore, per essere tale, deve uscire dalle pagine dei libri, dalle chiacchiere, dalle discussioni, per ritrovare la spontaneità e l’efficacia dei gesti più ordinari, più semplici, più ingenui se vogliamo.
L’amore deve liberarsi dalle pastoie delle parole e degli slogans per tradursi in <<segni>> concreti.
Certi predicatori d’avanguardia, certi finissimi disquisitori sull’eros e l’agapé, certi ringhiosi demolitori delle forme tradizionali di carità, ci convinceranno definitivamente soltanto quando li vedremo, qualche volta, varcare la soglia di un ospizio, farsi strattonare da uno sciame di ragazzi di un orfanotrofio, salire le scale scricchiolanti di una soffitta. Tanto meglio se con il malfamato pacco sotto il braccio. E, naturalmente, senza nessuna TELECAMERA O TACCUINO DI CRONISTA COMPIACENTE NEI PARAGGI …
Lei, Veronica, con il suo gesto semplicissimo, non aveva certo la pretesa di risolvere tutto.
Le bastava risolvere, almeno per un attimo, la solitudine angosciosa di quell’Uomo.
Le bastava risolvere, nello stesso tempo, il nodo del proprio egoismo e della propria vigliaccheria e della propria comodità.
È uscita fuori, allo scoperto, catapultata dall’impulso del proprio cuore, senza preoccuparsi di mascherare i propri sentimenti, impugnando un fazzoletto, la modesta bandiera della compassione sventolata come sfida sotto il grugno degli aguzzini e sotto gli sguardi degli indifferenti.
L’amore è questo: capire il dramma di un altro, interpretarne le attese, annullare le distanze, rompere l’accerchiamento della solitudine, dire, <<me ne importa>>, spiegarsi con un <<segno>>, anche povero, ma che traduce la grandezza di un cuore dove c’è spazio per sistemare il fardello del fratello.
<<La tua faccia, o Signore, io cerco.
Non mi nascondere la tua faccia>> (Salmo 27, 8-9).
E Teresa di Lisieux esclamava: <<Il Tuo volto è la mia patria>>.
Poter vedere il volto di Cristo … Chi ha avuto questa inaudita possibilità, ha tenuto per sé, gelosamente, l’immagine di quel volto, senza preoccuparsi di trasmetterci qualche informazione.
Matteo Marco Luca Giovanni: bisogna che ve lo confessi, non vi ho ancora perdonato la vostra dimenticanza, che spero involontaria. Neppure una parola sull’aspetto fisico di Gesù, neppure una riga su un Suo lineamento.
Giovanni schiaccia il tasto della nostra curiosità, ci convoca, scalpitanti, intorno a sé, <<state a sentire, adesso vi dico …>>, apre lo scrigno dei propri ricordi: <<Quel che abbiamo visto coi nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno palpato, intorno alla Parola della vita … >> (1 Gv 1,1). E poi non si degna neppure di ragguagliarci sul colore dei Suoi capelli, di descriverci i Suoi occhi, di fornirci un accenno sul Suo sorriso … E noi restiamo a masticare la nostra curiosità delusa.
<<E il Verbo s’è fatto carne>> (Gv 1,14).
Ci deve bastare ciò.
E ci deve bastare, soprattutto, quest’altra notizia: <<Ed è venuto ad abitare fra noi …>> (Gv 1,14).
Avanti dunque.
Andiamo a rintracciarlo. È qui. A casa Sua.
A casa nostra. Cammina sulle nostre strade. È come uno di noi.
Per questo posso sempre scambiarLo per un altro.
Per questo mi può apparire con un volto fin troppo noto. E io corro il rischio di non riconoscerLo.
Ecco la sfida dell’Incarnazione.
Ecco il problema che mi pone questo Dio <<venuto ad abitare fra noi>>.
L’impegno non è di conoscerLo. Madi riconoscerLo. In tutti i Suoi travestimenti.
Lo posso incontare all’angolo della strada.
O, addirittura, in casa mia.
Il Suo volto … Non illudiamoci. È un volto fmiliare, che conosciamo benissimo. Il Suo aspetto, talvolta, non è tale <<da attirare i nostri sguardi>> … <<Come uno davanti al quale ci si copre la faccia>>. Eppure è il Suo volto.
Ingenuità di coloro che ritengono che Veronica avesse bisogno di osservare i lineamenti impressi su quel fazzoletto per ricordare quel volto.
Bastava osservasse la propria faccia …
Infatti, l’incontro con il Signore sofferente, la capacità di fermarci di fronte al Suo dolore, il gesto di conforto, il <<segno>> dell’amore, provocano questo miracolo: la trasformazione della nostra faccia. Cambiano i lineamenti del nostro volto. Quel contatto fa cadere la crosta che lo copriva. La crosta della <<dissomiglianza>>. La crosta del peccato, dell’egoismo, dell’indifferenza, della vigliaccheria di fuggiaschi. E rispunta il nostro volto autentico.
A Sua <<immagine e somiglianza>>.
Sì. Gli rassomiglaimo.
Siamo della Sua razza.
Apparteniamo alla Sua parentela.
Allora, il problema del Suo volto è, in definitiva, il problema del mio volto.
Può bastare un fazzoletto passato su una faccia devastata dalla sofferenza.
E, sopra, rimarrà per sempre impressa l’immagine del Suo volto.
No. Del mio volto.
1219 – A Pentecoste capitolo alla Porziuncola; viene deciso l’invio di francescani in Germania, Francia, Ungheria, Spagna e Marocco. I cinque che raggiungono il Marocco vengono martirizzati (promartiri francescani). Francesco stesso s’imbarca in Ancona e raggiunge il campo crociato a Damiata dove poi incontrerà il sultano Melik al-Kamil.
I fioretti di San Francesco
Per rincuorare le anime, non bisogna mai <inventare>, basta usare qualche perla dal tesoro cristiano:
da “ I Fioretti di San Francesco “, I Grandi Classici della Letteratura Italiana-Fabbri Editori,1995, alla pag. 278, abbiamo:
Uno nobile cavaliere da Massa di Santo Piero, ch’avea nome messere Landolfo, il quale era devotissimo di santo Francesco e finalmente per le sue mani ricevette l’abito del Terzo Ordine, fu in questo modo certificato della morte di santo Francesco e delle sue Stimmate gloriose.
Ché, essendo santo Francesco vicino alla morte, in quel tempo entrò il demonio addosso a una femmina del detto castello e crudelmente la tormentava, e con questo la faceva parlare per lettera si sottilmente, che tutti i savi uomini e letterati, che venivano a disputare con lei, ella vinceva. Addivenne che, partendosi da lei, il demonio la lasciò libera due giorni, e il terzo ritornando in lei l’affliggeva troppo più crudelmente che prima. La quale cosa udendo, questo messere Landolfo se ne va a questa femmina e domanda il demonio che abitava in lei, quale era la cagione perché s’era partito da lei per due giorni e poi tornando la tormentava più aspramente che prima. Risponde il demonio: <<Quando io la lasciai, fu perché io con tutti i miei compagni che sono in queste parti ci raccogliemmo insieme e andammo molto forti alla morte del mendico Francesco per disputare con lui e prendere l’anima sua: ma essendo ella attorniata e difesa da maggiore moltitudine d’Angeli che non eravamo noi e da loro portata diritto in cielo, noi ci siamo partiti confusi, sì che ora io ristoro e rendo a questa misera femmina quello che in quei due giorni io ho lasciato>>.
Allora messere Landolfo lo scongiurò dalla parte di Dio che dovesse dire quello che era di verità nella santità di santo Francesco, il quale diceva ch’era morto, e di santa Chiara, la quale era viva. Risponde il demonio: <<Dirotene, o voglio io o no, quello ch’è vero. Egli era tanto indignato Iddio Padre contro ai peccati del mondo, che in breve parea che volesse dare contro agli uomini e contro alle femmine la definitiva sentenza di sterminarli dal mondo se non si correggessero. Ma Cristo Suo Figliuolo, pregando per i peccatori, promise di rinnovare la sua vita e la Sua Passione in un uomo , cioè in Francesco poverello e mendico, per la cui vita e dottrina ricondurrebbe in tutto il mondo molti nella via della verità e a penitenza. E ora, per mostrare al mondo che ciò egli aveva fatto in santo Francesco, ha voluto che le Stimmate della Sua Passione, le quali Egli aveva impresse nel suo corpo in vita sua, siano ora vedute e toccate da molti nella morte sua. Similmente la Madre di Cristo promise di rinnovare la sua purità verginale e la sua umiltà in una femmina, cioè suora Chiara, per tale modo che per lo suo esempio ella trarrebbe molte migliaia di femmine delle nostre mani. E così per queste promesse Iddio Padre mitigato indugiò la sua definitiva sentenza>>.
Allora messere Landolfo, volendo sapere di certo se il demonio, il quale è padre della bugia, in queste cose diceva la verità, e specialmente della morte di santo Francesco, mandò uno suo fedele donzello ad Ascesi (Assisi) a Santa Maria degli Angeli a sapere se santo Francesco era vivo o morto. Il quale donzello, giungendo là, certamente trovò e così tornando riferiva al suo signore, che appunto il giorno e l’ora che il demonio aveva detto, santo Francesco era passato di questa vita”.
Alla pag. 274 di grande importanza . . .
“<<Non dubitate e non temete, frati carissimi e figliuoli: io sono il vostro padre Francesco, il quale, secondo la volontà di Dio, fondai tre Ordini. E con ciò sia cosa ch’io sia stato pregato, già è otto anni, da questo frate il quale mi lava i piedi, e oggi più ferventemente che le altre volte, che io gli riveli quelle parole segrete che mi disse il Serafino quando mi diede le Stimmate, le quali parole io non volli mai rivelare in vita mia; oggi per comandamento di Dio, per la sua perseveranza e per la sua pronta obbedienza, per la quale egli lasciò la sua dolcezza della orazione, io sono mandato da Dio a rivelargli dinanzi a voi quello ch’egli addomanda>>.
E allora, volgendosi santo Francesco verso quel frate, disse così:
<<Sappi, carissimo frate, che essendo io in sul monte della Verna, tutto assorto nella memoria della passione di Cristo, in quella apparizione serafica io fui da Cristo così stimmatizzato nel corpo mio, e allora Cristo mi disse: ”Sai tu quello ch’io t’ho fatto? Io t’ho donato i segnali della mia passione, acciò che tu sia mio gonfaloniere. E com’io il giorno della morte mia discesi al limbo e tutte le anime le quali io vi trovai, in virtù delle mie Stimmate ne trassi e menaile a Paradiso; così concedo a te insino ad ora, acciò che tu mi sia conforme così nella morte come tu mi se’ stato nella vita, che tu, poi che sarai passato di questa vita, ogni anno il giorno della tua morte vada al Purgatorio e tutte le anime dei tuoi tre Ordini, cioè Minori, Suore e Continenti, e oltre a queste quelle de’ tuoi devoti le quali tu vi troverai, ne tragga in virtù delle tue Stimmate le quali io t’ho date, e portarli a Paradiso”. E queste parole io non dissi mai, mentre ch’io vissi nel mondo>>.
pag.275: “Sul monte della Verna apparve una volta santo Francesco a frate Giovanni della Verna, uomo di grande santità, che dopo aver parlato con il santo per un grande spazio; e finalmente volendosi partire sì gli disse: <<Domandami ciò che tu vuoi>>.
Disse frate Giovanni: <<Padre, io ti chieda che tu mi dica quello che lungo tempo io ho desiderato di sapere, cioè quello che voi facevate e dove voi eravate quando v’apparve il Serafino>>. Risponde santo Francesco: <<Io oravo in quel luogo dove è ora la cappella del conte Simone da Battifolle, e chiedea due grazie al mio Signore Gesù Cristo. La prima era che mi concedesse in vita mia che io sentissi nell’anima mia e nel corpo, quanto fosse possibile, tutto quel dolore il quale egli avea sentito in se medesimo al tempo della sua acerbissima passione. La seconda grazia ch’io addomandavo si era che similmente io sentissi nel cuore mio quello eccessivo amore del quale egli s’accendeva a sostenere tanta passione per noi peccatori. E allora Iddio mi mise nel cuore che mi concederebbe di sentire l’uno e l’altro, quanto fosse possibile a pura creatura: la qual cosa bene mi fu adempiuta nella impressione delle Stimmate>>”.
UN SANTO PATRONO D’ECCEZIONE – CONTRO LA MAFIA Giovanni Paolo II
Parole di saggezza di San Francesco di Sales
I giovani divorano tutte le difficoltà da lontano e sfuggono a tutte le difficoltà da vicino. I grandi progetti non si realizzano che a forza di pazienza e di perseveranza.
Bisogna talvolta indietreggiare per saltare meglio.
- Che cosa è meglio del nostro giardino: che ci siano delle spine senza avere delle rose, oppure CHE NON CI SIANO AFFATO ROSE PER NON AVERE LE SPINE?
- PENSIAMO SOLO A FARE BENE OGGI: E QUANDO IL GIORNO DI DOMANI SARÀ VENUTO, SI CHIAMERÀ ANCH’ESSO OGGI, E ALLORA CI PENSEREMO.
- Facciamo tre cose e avremo la pace: abbiamo una intenzione ben pura, facciamo il poco che possiamo e lasciamo a Dio la cura di tutto il resto.
- Non seminate i vostri desideri nel giardino altrui, ma coltivate bene il vostro.
- Continuiamo soltanto a ben coltivare, poiché non c’è terra così ingrata che l’amore del coltivatore non fecondi.
- Abbi pazienza in tutte le cose, ma principalmente abbi pazienza con te stesso.
- L’insensibilità è sempre ottusità dell’anima.
- Anche il più lungo viaggio inizia con un passo.
- Il frutto della pace è appeso all’albero del silenzio.