L’ora della verità, la sofferenza che ha subìto mia madre per colpa di chi fu codardo ai tempi dei comunisti
Toni Enescu, mio fratello, è nato nel 1953, io nel 1969 – 16 anni tra noi. Con una sorella del 1955, al tempo del “giudizio” – ero da sola. Ognuno aveva la sua vita, lontano. L’epoca in cui lui era calciatore, io ero una bambina. In casa, solo mia madre era l’esperta di calcio, conosceva a memoria tutti i nomi, seguiva alla radio, tutto quello che veniva trasmesso. Seguiva tutto e voleva sapere tutto, ma nella vita, tutto ha un limite. Questa santa donna, prima di sposare mio padre, aveva rifiutato fior di fiore, perché ci credeva nell’amore. Aveva rinunciato al suo lavoro, segretaria di scuola, per seguire “il cuore”.
Ho capito che mio padre aveva impedito il fatto che lei inizi a lavorare. Bisogna crescere i figli e basta. Ha studiato con due bambini piccoli e finito con voti altissimi la Scuola Popolare d’Arte di Bacau, pittura. Era un talento. Portava con lei alle lezioni anche mio fratello, un giorno hanno capito lei e la maestra che anche lui era un talento. Insegnava la moglie di un pittore locale, Nicu Enea. La gelosia di mio padre non poteva tollerare un’artista, mostre e varie. Tutti fermi. Tutto cambiò con l’arrivo sulla nostra strada di una donna, rivoluzionaria, una sindacalista. Aveva a che fare con la Cecoslovachia, aveva ottenuto una laurea via corrispondenza … Era una cosa mai sentita sotto comunisti. Questa donna ha messo in riga mio padre, mia madre a questo punto ha iniziato a lavorare, contabile per asilonido della Fabbrica Partizanul Bacau. Un via vai di maestre a chiedere quando si facevano le buste paga per ricordarsi di spostare rate, mutui e … anche a casa. Non ricordo mai le sue ferie. Ricordo la mia infanzia con questi fogli immensi per il bilancio, dovevo leggere ogni acquisto e lei dall’altra parte scriveva, trascriveva. Ogni tanto prendeva carta e mattita per farmi un ritratto.
Il guaio era che a mia madre non potevo mai confidare qualcosa, raccontava tutto a tutti, “vizio”? Mi sono fatta una ragione. Mio padre, qualsiasi cosa sarebbe capitato, aveva solo una cosa da dire. Ti ha fatto qualcosa? L’ammazzo! E l’avrebbe fatto, sicuramente. Dunque i fatti miei, ho dovuto sbrigarmeli da sola.
Non perdevo l’occasione di andarmene per settimane, mesi – estate – via, lontano. Al ritorno, più tardi, avevo sentito cose che nessuna figlia avrebbe mai dovuto sentire. Tra me e mio padre, c’è stato dall’alba una linea oltre quale lui non doveva mai oltrepassare. La “linea” era di indurmi a mentire.
Ad un certo punto, prima, seconda elementare – l’avevo sorpreso con una donna in casa, in braccio. Inventò qualcosa, ma non ha retto. Voleva comprare il mio silenzio, ma falì. Aveva toccato l’apice una volta, chiedendomi di andare alla sua amante e farla scendere per parlare con lui. Dove? Davanti alla Fabbrica, nel orario di lavoro di tutti. Ho avuto tanta paura che non mi ricordo ancora oggi com’è finita, presumo. Anzi, l’amante in fabbrica, giusto contabile come mia madre, ha chiesto a mia madre di mettere buona parola, figuriamoci. Mi aspettava giù, io e l’amante. Sono salita, dritta nell’ufficio di mia madre, mi ricordo che tra le altre, c’era la moglie di un insegnante di liceo, una bella donna. Quando ha sentito il mio racconto, ha detto che ci pensa lei. Ha aperto la finestra che era verso strada e l’ha chiamato per nome. Ha detto secco: “la Signora Enescu non è per momento nell’ufficio, tranquillo per Carmen, rimane qui e tornano insieme alle 15,30. Buona giornata”. Non ricordo nulla, ma pensavo che mi …. Presumo che mia madre ha fatto finta di nulla, nulla chiedere. Ma come si fa? Tutta la sua vita mi rimproverava, tu non mi ami? Io non ti posso amare per tanti motivi, non ci posso commandare al mio cuore e basta. Ero la sua debolezza però, quello che dicevo faceva. La vita ha regolato molti mali, a modo suo, non spettacolare, ma ordinario. Quella donna si è sposata e andata via, era anche vicina di casa.
Mio padre, Dio abbia pietà dell’anima sua, morto nel 1990, mia madre nel 1987 – non andavano mai d’accordo. Io facevo da ago della bilancia, non solo a parole opprimeva, ma alzava le mani e aveva una fissazione di colpirla alla testa. Povera Crista, non ho mai capito perché non ha divorziato. Non ho mai capito, all’epoca, ma dopo ho capito benissimo.
Ai tempi del comunismo, nessuno contattava un avvocato, che per un delitto. Divorziare era sinonimo di grande vergogna, certamente da chi subisce. Oggi come ieri, c’è il giudizio della gente che uso spesso citare <è alla conoscenza, ma non ha la più pallida idea>. Diceva che lo fa per il mio bene?
Comunque, io da bambina, vedevo e sentivo che ogni volta che arrivava mio fratello a casa, mio padre lto trattava male. Tutti quei discorsi che abbattono, sminuiscono l’essere … Era facile ad alzare la mano, ormai abituato da troppo tempo.
A me capitò una sola volta che mi aveva dato uno schiaffo – la mano di chi ha 40 anni di martello. Una sola volta dovevo mangiare qualcosa che non volevo, avevo chiuso la porta a chiave. Il vetro si era frantumato, ma io non volevo aprire e basta, una volta ha buttato qualcosa e non mi ha colpito. Ho lasciato tutto lì, perché veda. Non si ricordava più che fu lui stesso, sembrava posseduto. Futili motivi? Non sto qui a indagare, io la verità l’ho sempre detta in faccia, alla faccia – anche di mio padre, figuriamoci. Ma assistevo da troppi anni al silenzio con cui mia madre veniva “punita”, perché non gli dava ultimi risparmi per bere. Aveva seguito dove nascodeva i risparmi e gli rubava quanto e quando voleva. Eppoi, se diceva che qualcuno aveva presso qualcosa: <Ma non dicevi che non hai soldi?>. E già, come puoi dire che “qualcuno” ti aveva rubato tuoi soldi, se non ne avevi? Poverina, andava avanti così.
Poco prima che io avessi compiuto 11 anni – tornando dalle vacanze fatte fuori, al mare – montagna, non ho trovato mia madre a casa. Era ricoverata a 200 km dalla mia città, Iasi. In casa una guerra continua con mio padre, mio fratello partiva – mia sorella, moglie di un calciatore, abitava nell’altra parte della città.
Rimasta sola con mio padre nell’aperta guerra. Per quanto tempo e cosa si aspettava? Gli si era rotto un vaso di sangue sul cervello, una operazione rischiosa – molto. C’era bisogno della firma di mio padre per essere operata, oppure no. Tra vicini, qualcuno aveva sparso la voce che sia già mancata, tant’è che qualche donna si faceva avanti per “aiutare” mio padre a crescere questa bambina. Ci sono ritirate le “offerte” quando hanno sentito che è viva, ricoverata – ma viva. E’ durata quasi 6 mesi la terapia fuori casa.
Nessuno ha mai saputo come era andata veramente, ma una donna che è picchiata sempre alla testa e aveva già di suo una pressione che toccava sempre “quota” 200 … Fu operata, andò anche bene – aveva 51 anni. Mi ricordo che dopo l’operazione, mi aveva scritto una cartolina, dove mi rimproverava che non salgo sù da lei, mi vede ogni giorno nel cortile giocare … Immaginate una bambina che riceve a 11 anni dalla madre questo? Poi, la sua mente è ritornata normalissima. Così normalissima che ha saputo riavere un suo libreto di risparmi che lo volevano “dimenticato” – era una cosa che si erano inventati i colleghi di lavoro per non fare muto in banca, un gira -ruota per un ammontare di 5.000. Volevano – credevano nella memoria scomparsa. Sfortunati, ma ha dovuto rompere altamente per riaverli. Le iene non mancano mai.
Mia sorella voleva che andassi ad abitare a casa sua (nel periodo di assenza di mia madre), lasciare perdere mio padre e … Forse ho avuto i voti più alti, nessuno sapeva il fatto di mia madre a scuola. No, lasciare lui in quello stato, sarebbe lasciare tutta la casa nelle mani dei predoni, ladri e sciacalli che abitavano vicino. Sono rimasta e anche di brutto, contro la volontà di lei. Non mi invochi servizi sociali, con la scusa di essere minorenne perché io a quell’ora, sapevo e cucinavo già da tempo. Avevo dato l’anno prima anche il bianco, perché il bianchino si ubbriacava sempre e aveva abbandonato il lavoro. Bambina, ma svelta – l’ho seguito al ristorante, dove andava ogni giorno, dall’altra parte della strada – e ho “negoziato” con lui. Se io faccio il colore, tu vieni a dare con il rullo? Certo. Detto, fatto e da quel anno davo solo io bianco in casa.
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Il video dei ragazzi tifosi - all'ultima cena - al funerale di Toni, Sacele, Brasov - 2023
Buttiamo l’occhio sulla “tutela della privacy”, cosa realmente ci vuole raccontare “il poeta”? Il nostro prof di matematica, nel liceo – per 4 anni, usava lasciare te alla lavagna e lui andava al tuo posto, nel banco; così, iniziava un dialogo tra noi, per comprendere cosa abbia voluto dire “il poeta” che ha ideato l’esercizio. L’autopsia del problema. Cosa veramente nasconde “la tutela della privacy”? Che tu sia di destra a tutti gli efetti, ma ti dichiari pubblicamente di sinistra … Non m’interessa questo, c’è un problema molto più forte, cioè, non è scritta da cristiani, ci posso giurare. Sapete perchè? Molto semplice. Facciamo il caso di due fratelli di cui uno non si sa’ dove abita più, se è vivo oppure morto, nemmeno se tu devi pregare per l’anima sua – pagando una messa per defunti, oppure è vivo? Non vengono forniti i dettagli nemmeno ai fratelli di sangue, perché l’altro non ha firmato la liberatoria, che tu sappi dove si trova. I ricchi hanno paura che il povero chieda dei soldi, i cristiani veri, hanno paura che il fratello non soffri dimenticato da qualche parte. C’è una bella differenza. I nostri antenati avrebbero detto semplicemente: cose da pazzi, cose da altro mondo, e già. Questo “offre” la tutela della privacy ai credenti. E se versase in indigenza, mi auguro che la loro coscienza, chi ha ideato simile emendamento, dìa conto al Signore. Che non sia mai una legge per nascondere la doppia faccia di chi si presenta al mondo per quello che non è.
Dunque, senza dire altro – troppo – non è mai esistito tra loro un rapporto padre/figlio, mai. Dirò una cosa ancora più brutta, ma vera: l’ha anche mandato via di casa in una sera – con mia madre già deceduta, io non c’ero.
Qualsiasi cosa capitava al mio fratello, era colpa di mia madre – lui come padre non “partecipava” sennò per colpabilizzare lei. E’ copla tua – sempre.
Immaginate 1986 – in pieno comunismo, con vicina di casa una informatrice della militia. L’ha detto lei stessa, dopo alcuni anni. Immaginate una mattinata d’inverno, ero forse in vacanza, mio fratello in qualche periodo libero, le vacanze dei calciatori coincidono con quelle scolastiche, più o meno – ai tempi era così. Alle 5 di mattino bussa qualcuno e non saprei oggi chi ha aperto tra genitori, io dormivo nella stessa stanza dove c’era mio fratello. Entrano dei polizioti.
<<Forza, calciatore, facci vedere come ti vesti in fretta!>>.
<<Cosa volete, chi siete, perché?>> Non ti è dato a sapere. Vedrai, vedrai …
Ed io oggi dico che non si è mai capito di cosa si è trattato. L’hanno arrestato così, semplicemente – senza sapere di cosa sia mai accusato. Ed io sono la testimone. Avevo appena finito una maglia molto bella, piena di modelli e Toni mi guarda, prendo questa. OK. Non l’ho mai rivista.
Nello stesso giorno si è messa in motto la macchina della SOLIDARIETA’ di tutto il quartiere. Parliamo dei rom che vivevavo nelle vicinanze, tutti erano al corrente e tutti volevano fare qualcosa per aiutare. Come Toni arrestato? Perché? Non lo sappiamo, cerchiamo anche noi di scoprire. Uno che non andava mai da nessuna parte, stava tutto il giorno in casa, più tardi avevano detto che avrebbe distrurbato l’ordine pubblico, poi qualcuno aveva detto che abbia rubato una bicicletta – cose da altro mondo. Aveva poco tempo da quando l’hanno derubato dal giubotto in pieno inverno – figuriamoci uno che si fa rubare il vestito … L’assurdo, ridicolo.
Tutta quella gente, che per lo Stato è gente di nulla, portavano informazioni ogni ora a mia madre, che lui sta bene, cerchi subito un avvocato e tutto sarà finito. Magari.
E’ saltato fuori uno scandalo nazionale. Tutti sapevano la verità, ma non al punto di firmare. Nel mondo del calcio, tutti sapevano che i calciatori non lavoravano mai in fabbrica, oppure quello che la squadra aveva come sponsor … Il loro libretto di lavoro era una compilazione tipo: sei alla squadra della miniera, sei minatore … Nessuno mai. Ecco, mia madre doveva andare semplicemente alla squadra dove lui era ai tempi e farsi compilare un documento che attesti che Enescu Toni è un nostro giocatore e basta. In teoria, in pratica non hanno voluto farlo.
Un giocatore che si vede arrestato dal letto di casa alle 5 del mattino, a Barlad o Vaslui era la sua squadra ai tempi. Per essere liberato va sua madre a prendere il documento e sorpresa, il Presidente della squadra, rifiuta di compilare … Devo dire che vita ha fatto questa santa donna, che non ha dormito per tutta la notte nella stazione, da sola, ha pianto, supplicato quel uomo, l’ha seguito a casa sua, ha guardato le sue bimbe – raccontava che aveva due bambine e non ha avuto pietà di questa cristiana, di mio fratello.
Decisamente, avendo sentito per cosa serve, temevano un controllo minuto tra le loro cartoccie. Mia madre ha sofferto e ha peccato, perché io tutto il tempo della detenzione ingiusta di mio fratello – 3 o 6 mesi non ricordo bene, non c’era giorno che mia madre non bestemmiase quel presidente di squadra, lui e tutta la sua famiglia. Non c’è bisogno di raccontare come ogni giorno mio padre incolpava lei del accaduto … Povera Crista. L’anno dopo è mancata. Tutta questa ingiustizia ha causato un crollo nella vita di mio fratello, poi l’anno dopo la morte di mia madre. E’ mancata nel secondo trimestre del mio ultimo anno di liceo, dovevo andare via, non potevo vivere sotto lo stesso tetto col mio padre.
Mia sorella al mattino dell’arresto è venuta per mettere il suo nome al riparo, cioè rinnegarlo e basta. Non voleva sapere se è giusto oppure no l’arresto, ma solo ed esclusivamente che il suo nome non venga macchaiato. Io non mi vergognavo, e di cosa, del aver assistito alla prepotenza del regime comunista? Con quale articolo di legge e quale data hanno sciolto dal incarico mio fratello – quel club – non ho il suo libretto di lavoro. Ma se tu, presidente del club hai rotto con Enescu Toni – alla stessa data della sua detenzione, tu attesti che è quella la data con cui dovevi CONFERMARE il fatto che era un tuo giocatore, in essere. Tutti sapevano come funzionava il meccanismo. Vuoi tu essere onesto? No. Si ricordi di questa povera madre che ha supplicato – la verità e non fu ascoltata. Era andata in udienza al Commnadante del Carcere e aveva mi ricordo piegato il suo cuore, poteva seguire le partite … La macchina della solidarietà dei rom, che l’hanno conosciuto da bambino, altri colleghi di scuola, vicini di casa, hanno fatto da balsamo a questa madre disperata. Mi ricordo che un giorno hanno detto, guarda l’hanno portato a lavoro qui vicino, vai e prova di vederlo. E sono andata. Quando mi aveva visto la guardia, stupito per il mio coraggio e franchezza, mi avrebbe lasciato parlare, ma lui non c’era.
Io non mi vergogno che i comunisti hanno arrestato ingiustamente il mio fratello, mi auguro di leggere un giorno l’accusa – la denunciante, informatrice di polizia che odiava mia madre, era vicina di casa. Erano tempi di grande ingiustizia, ma hanno fatto esaltare l’umanità, anche dei rom. Immaginate che ogni vacanza, prima del evento triste, mio fratello mi incarricava con tutti suoi vestiti per dare in elemosina – tutta robba perfetta e cara, scarpe carissime … ai poveracci, ex colleghi di scuola, sfortunati. Poi di andare in sartoria e tintoria … Questo era Toni. L’ingiustizia ha fatto la sua parte. Ecco, era un sassolino che avevo nella scarpa, dal 1986.
Mi ricordo che a liceo, avevo la prof di letteratura che non andavammo d’accordo – era anche la direttrice del liceo. Il primo trimestre quando aveva presso la nostra classe, era l’ultimo anno di liceo, mi aveva dato la media 4 – capite 4. Prima, con l’altra avevo 7, 8 – 10, io 4, pazienza! Capite, era il periodo dell’arresto di mio fratello, ogni giorno al ritorno dalla scuola trovavo mia madre in lacrime e bestemmiando quel presidente del club, senza cuore, senza anima. Una madre che piange giorno e notte perché suo figlio è rinchiuso ingiustamente, una che andava in udienza ovunque – non ha potuto fare nulla contro QUESTA INGIUSTIZIA. Ed io dovevo calmarla ed inventarmi mille strategie per sviare quella pressione che gli scoppiava il cuore, giorno e notte. Io di madre avevo ancora bisogno.
Un giorno, Dio lo sa, la prof chiede di fare ognuno un tema a scelta libera. MI RICORDO benissimo, ho scritto, descritto tutto quello che mi capitava in quel periodo. Quando il tema fu richiesto, il mio nome fu saltato, dopo, chi sa come, ha riaperto il catalogo e ha scelto anche il mio. Si consegnava il quaderno poi l’avrebbe riportato … Molto presto capitò, ricordo l’ora di storia, l’allievo di servizio guardia bussa e chiede il catalogo per la direttrice. Ritorna e la prof di storia dice: volete che vi leggo i voti? Sì.
Arriva al mio cognome: 10. Capite – 10. Da quella data lei è diventata la mia protettrice, anzi – ha voluto conoscere mia madre e hanno parlato insieme, dopo qualche mese, mia madre è mancata. Alla direttrice ho raccontato tutti miei problemi di lavoro, causate da iene che non mancano mai ovunque al mondo. Il quaderno invece, l’ha trattenuto, ha detto anche perché, ma non ricordo bene. Cosa tipo, vedremmo fra 30 anni … Era stata lei ad insegnarmi: <Carmen, se nella vita ti capita un’ingiustizia o qualsiasi cosa, vai dritta al più grande, non pedre tempo!>. Cara direttrice, in Italia non vale né in linea crescente, né stando al Suo consiglio, purtroppo, ma non perché …. ma perché … Il male ha come radice universale, il disprezzo della persona, della vita e chi rinnega l’esistenza di un Dio creatore, rinnega la sua Patria, le sue radici, il suo essere più intimo, la sua coscienza. Non vado pesante perché basterebbe anche solo questo.
Erano solo particolari che hanno influito sempre nell’ombra. Io ammiro sinceramente ogni famiglia in generale, ma nel particolare chi ama e rispetta il proprio coniuge. Non potete fare un regalo più grande ai propri figli che amarvi e rispettarvi. La società cambia grazie all’amore, non grazie al rigore, punizioni, schiaffi e rimproveri. Basta così. Faccio questo per la sofferenza di mio fratello e di mia madre, è una testimonianza molto sincera.
Ho sognato mio padre dopo 18 anni – Esausto, aveva salito come da un burrone, sembrava sfinito – ma, non era da solo. Sulle spalle aveva un suo amico. Uno che si ubbricava ogni sera e mio padre lo portava a casa, quasi nella posizione che l’ho visto, sulle spalle. Curava i suoi atrezzi di lavoro, quel amico cuciva pelliccia – la pelle, un artigiano. Se perdeva suoi arnesi, era perso. Mio padre vegliava su questo. Il giorno in cui non l’ha fatto più, l’amico ha perso tutto, cioè, derubato. Gurdavo bene mio padre, lo stesso vestito con cui fu sepolto, identico – non ricordavo più questo amico, eppure il sogno ha confermato ogni particolare. Una volta salito, arrivò ai miei piedi e crollò. E adesso? E morto, faccio per andare via, quando mi prende la gamba con una mano e mormora: <Tu sai cosa devi fare!>. Avevo un croce in mano e l’ha voluta.
Con tutto quello che ha combinato – riguardo mia madre, mio fratello, il bere – ho lavorato molto sopra, era cambiato verso la fine – 63 anni mancato, anche giovane. Se una cosa mi aveva insegnato, fu FONDAMENTALE per la vita. Prima voleva comprare il mio silenzio, ma dentro di se credo che si augurava che io sia come sono sempre stata, onesta. Alla sua lezione però ci sono cascata, l’ho sempre raccontata ai amici, voi siete amici virtuali – la stessa cosa.
A pochi giorni dal esame di ammissione in liceo – studiavo tranquilla, era giornata di stipendio per lui. Ogni mese io avevo il mio 100 lei, non era poco, diciamo 100 €, perché ai tempi i soldi avevano valore.
<<Vieni, devo dare a tua madre suoi soldi … più in alto racconto che rubava i soldi di mia madre – questa capitava alla fine, prima di andare in pensione e anche da pensionati, lei aveva quella per la malattia, lui la sua, ma ognuno con la sua – ai tempi del fatto, le cose andavano bene>>.
Vado a malapena, perché era ubbriaco e non avevo voglia.
Allora, devi contare questi soldi e inizia lui, 3400 – conto io, 3500. Conta di nuovo lui, 3400 – conto io 3500, siamo andati avanti per un po’. Ad un certo punto esce – cioè MI DA’ tempo per sottrare quei 100 che ci “rompevano” le scattole. Inizia di nuovo il conteggio – 3400 lui – 3400 io. E qui, cambia il volto, diventa SERIO, SERRISSIMO – GRAVE.
Quanto sei stupida! Aveva finta di essere ubbriaco per provarmi ed io ci sono CASCATA.
Dalla tasca ha fatto uscire, contando davanti a me, altri 500.
Vedi, questi erano preparati per te! Adesso vai a portare quei 3400 alla tua madre e “goditi” tuoi 100, i 500 rimangono a me. Aveva fatto un extra e voleva premiarmi, ed io ho perso.
Ha detto, non ti permettere mai di rubare nulla da nessuno, mai e poi mai, onora il tuo e nostro nome, perché nella nostra famiglia nessuno mai aveva rubato qualcosa. Il disastro dell’ingiustizia che subirà nel ’86 mio fratello dai codardi – doveva ancora arrivare.
Per capire l’ambiente dove sono cresciuta devo descrivere una comunità piena di ogni tipo di persone, età, etnie e passato da riparare. Le case hanno appartenuto agli ebrei, colonnia di 7 case con tanto di terreni e magazzino – cucina estiva – per 7 famiglie. Alla formazione dello Stato di Israele sono partiti e le case furono prese dallo Stato Rumeno, in unadi queste sono cresciuta io. Mia madre era in affitto alle spalle di queste case, libere – hanno traslocato, risultavano come case popolare, l’affitto venica pagato sulla busta paga da mio padre. Dunque ognuno conosceva i problemi di altri, se alle 2 del mattino cercavo l’infermiera, andavo alla porta di … 3 case più in giù. Consuetudine per le 7 famiglie era che mio padre mi mandava con cibo caldo in memoria dei defunti, frutta e verdura gratis, noci, uva, vino a tutti. Nel suo giorno di stipendio, in estate – prima andava al ristorante vicino, ordinava un completto di mici – e birra per tutti, io andavo a ritirare la grigliata – gratis per questi vicini … per anni. Era fatto così, sono cresciuta così, tra luci e ombre.
Volevo inserire la foto di mia madre, poi di mio padre – ma la stampante si è bloccata per ore. Ho deciso di lasciarli insieme con una preghiera di Don Dolindo Ruotolo e così resteranno, insieme. Non era mai esistito un sacerdote che mitighi le loro vite – quanto bene avrebbe fatto un altro Don Dolindo. Preghiamo Dio e la Madonna che non manchi mai chi sia in grado di pacificare i coniugi, portare la pace – PACE vera, come quella di cui scrive Don Dolindo Ruotolo. I problemi non mancheranno mai, ma la pace fa correre tutto, come nulla fosse.
Oggi 02 aprile 2022 – mio padre “compie” 32 anni da quando è andato nella Patria Celeste. Signore abbi cura di lui. Riposi in pace.
Io voglio credere che miei genitori si sono amati VERAMENTE con tutto il male – oltre il male – che si sono perdonati e che vegliano perché i genitori non entrino nel vortice …
Vale comprare il libro e comprendere cosa è veramente accaduto anche alla CHIESA in Romania comunista.
http://leonardpopa.blogspot.com/2017/05/interviu-cu-fostul-fotbalist-bacauan.html
https://ro.wikipedia.org/wiki/FC_Precizia_S%C4%83cele
http://leonardpopa.blogspot.com/2014/12/interviu-cu-mihai-carpuci-fost.html
Interviu cu fostul fotbalist băcăuan Toni ENESCU
„Dacă nu ai minte, şi viaţa e grea!”
*Interviu cu Constantin (Toni) ENESCU, fostul fotbalist al Sport Clubului din sezoanele 1972-1974
Scriu numele lui Constantin (Toni) Enescu (n.1 mai 1953/Ceahlău, jud.Neamţ) cu strângere de inimă… Fotbalistul apărut pe malurile Bistriţei să-l facă uitat pe Rugiubei, căruia îi copiase la indigo calităţile de marcator pur-sânge, putea avea Bacăul la picioare, cum l-a avut întreaga generaţie a Marelui Dembo şi a lui Aristică Ghiţă. Nu s-a întâmplat aşa, pentru că, uneori, ajuns la răscruce de drumuri, nu ştii încotro să o apuci. Toni Enescu, râvnitul atacant băcăuan din perioada 1972-1974, şi le-a dorit pe toate, deodată… Din centrul unei ofensive de vis (Pană-Dembrovschi-Enescu-Băluţă/Florea), care a urcat Sport Clubul pe locul 4, în sezonul 1972-1973, după Dinamo, Craiova şi Argeşul lui Dobrin, fotbalistul lansat în fotbalul mare de Costică Rădulescu a ajuns la Sibiu, apoi la Steaua şi Jiul Petroşani, sfârşind în anonimat, departe de lumea reflectoarelor, la o formaţie dintr-un orăşel braşovean, aflată în căutare de idoli. Prea mult- sau, dimpotrivă, prea puţin- pentru cariera unui golgeter care fusese hărăzit doar Bacăului….
Leonard POPA
-Debutul e cel mai frumos moment din viaţa unui fotbalist… Când ai auzit primul fluier al arbitrului?
-Debutul, în aprilie 1973, la un meci în deplasare cu FC Constanţa, pierdut cu 5-0, când l-am înlocuit pe Sinăuceanu, în ultimul sfert de oră. Îmi amintesc şi acum 11 le de atunci: Ghiţă-Margasoiu, Catargiu, Velicu, Comănescu, Sinăuceanu, Hriţcu, Mioc, Pană, Volmer, Băluţă. Dembrovschi nu jucase. Tricou alb cu dungă roşie pe mijloc, orizontală. Până atunci, bifasem o grămadă de meciuri în deschidere, la tineret-speranţe.
-Echipa era la intersecţie de generaţii… Aceea care promovase în 1967, cu Dembrovschi şi Ghiţă, dar şi a celor mai tineri, cu Mioc, Catargiu, Şoşu, Chitaru… De cine te leagă cele mai multe amintiri?
-De Chitaru, evident… S-ar fi putut face un film despre el. Chitaru a fost de 3 ori în China şi nu a ştiut niciodată. Pentru el, toată lumea s-a limitat la Bacău. Când a ajuns în Capitală, la Dinamo, s-a speriat şi, după 1 an, s-a întors acasă. Era de o naivitate de nedescris. Cu mingea la picior, însă, devenea academician. De altfel, când a fost să semneze contractul cu Dinamo, a stat ascuns trei zile, pentru că pe el nu-l puteai urni din Bacău. Au chemat-o pe maică-sa, i-au arătat banii şi au pus-o să dea o semnătură. Taică-su umbla tot oraşul cu motocicleta şi acordeonul în spate, spunându-le tuturor că fiu-su va juca la Dinamo, cu Dinu. Când a debutat în Divizia A, Chitaru avea doar 14 ani şi jumătate. Nici Dobrin, nici Balaci n-au avut vârsta asta când au păşit prima dată în arenă! El a crescut într-un an, şi fizic, şi fotbalistic, cât alţii în 3. Avea forţă, viteză şi centra perfect. Am multe amintiri legate de el. Când se îmbăta, lua la colindat frizeriile din oraş şi se tundea şi de trei ori pe zi. Bineînţeles, nu plătea niciodată şi conducătorii mergeau pe urmele lui să-i achite datoriile. Odată, după un meci câştigat acasă, cu 2-0, într-un titlu de cronică din Sportul era scris mare „Chitaru-artizanul victoriei”… La primul antrenament, noi, jucătorii, ştiind că nu stapanea intelesul cuvintelor, am început să glumim pe seama lui. „Ce-ai făcut, mă Zira, de-au scris ziarele despre tine că eşti artizan?!”. Chitaru a început să plângă şi nu a mai fost bun de nimic. Umbla bezmetic prin oraş şi era convins că îl va aresta Miliţia, fără să înţeleagă de ce… Până la urmă, şi-a luat inima în dinţi, s-a dus la nea Costică Rădulescu şi l-a rugat în genunchi să intervină la ziar, să-l lase în pace ziariştii, că el e băiat bun şi nu a făcut nimic… Nea Costică a început să râdă şi i-a explicat ce înseamnă cuvântul ARTIZAN… Ce să-i faci?! Aşa a fost Chitaru, cel mai mare talent născut la Bacău…
-Dembrovschi?
-Cu Dembo era greu să legi amintiri… Era prea serios. De altfel, nu era uşor nici să intri în echipă cu el şi Ghiţă. Respectul faţă de cei mari era desprins, parcă, din Biblie. Lui Dembo îi spuneam Bacovia între noi şi nea Imi în teren… Mare jucător, i-a încântat pe toţi brazilienii la Mondialul din Mexic 70. Nu mai văzuseră nici ei un asemenea jucător, cu atâtea calităţi tehnico-tactice. Dembrovschi a fost un model în toate privinţele. De la el am învăţat până şi să ţin furculiţa în mână.
-Nea Aristică?
-Una dureroasă. Am jucat în sferturile Cupei României cu o divizionară din B, Constructorul Galaţi. Prin min.60, l-am înlocuit pe Pană, dar nu mi-a ieşit nimic. Meciul s-a terminat la egalitate, 1-1, şi, conform regulamentului de atunci, echipa din divizia inferioară se califica mai departe. Rezultatul s-a lăsat cu scandal la sfârşit, în vestiar. Când pierdeam aiurea, cel care te lua în primire imediat era nea Aristică. Te bătea ca la Miliţie. De mulţi s-a lipit fotbalul cu bătaia. Dacă nu, predai echipamentul şi plecai acasă. Erau prea mulţi fotbalişti pe metru pătrat. Avea cine să-ţi ia locul şi să te facă uitat. Uite şi una mai dulce…. Nea Aristică mă trimitea mereu să-i aduc câte o ciocolată cu rom. Într-o zi, înaintea unei şedinţe tehnice, m-a pus să-i cumpăr una, nu puteam să-l refuz. Aveam în cap numai palmele lui mari cât lopata groparului. Am căutat în tot oraşul, vreo 3 ore, până i-am găsit, negijând total întâlnirea cu antrenorii, pentru că tot ce ne spunea Ghiţă era literă de lege. Când am ajuns la stadion, Costică Rădulescu s-a şi luat de mine. M-am scos numai după ce i-am arătat ciocolata lui nea Aristică. Toţi au început să râdă.
-Aranjamente?
-Au fost şi din astea. Dar nimeni nu l-a întrecut în sforării pe cel care a ajuns, după aceea, un mare antrenor. Nu-i mai spun numele. Toţi îl ştiu.
-Probleme cu antrenorii?
-Cu Teaşcă, am avut probleme. L-am avut antrenor la Steaua, după ce m-am transferat de la Şoimii Sibiu. În cartea aceea a lui, Păpuşarii, vorbeşte despre mine. A scris că nu a mai întâlnit un jucător mai leneş decât Toni Enescu… Nu e ceva cu care să mă laud, dar nimeni nu-i făcea faţă pretenţiilor sale absurde de la antrenamente. Ne omora cu handbalul şi alergatul cu sacii de nisip în spate. Era convins că numai aşa puteam câştiga Cupa Campionilor, alergând cu sacii aceia pe umăr. Intra uşor în conflict cu orice jucător, indiferent de statutul lui. A fost la cuţite cu Liţă Dumitru, ceea ce a condus, până la urmă, la debarcarea lui de la Steaua şi aducerea lui Jenei. Altminteri, Piticul era full de fotbal. Dacă mă întrebaţi acum, vă spun fără ezitare: fotbalul înseamnă muncă şi abia apoi talent. Pe atunci, eram convins că e invers… Dacă nu ai minte, şi viaţa e grea!
-De ce ai plecat de la Bacău? Erai în plină ascensiune…, tribunele începuseră să te îndrăgească, aduceai a Rugiubei…
-Am plecat de la Bacău din cauza celui care ne era tuturor un model. Am intrat în conflict cu Dembrovschi, care îmi reproşa tot timpul câte ceva. Nu-i convenea nici când se scria frumos în ziarul local despre mine. Odată, după ce marcasem 2 goluri, acasă, cu Jiul Petroşani, Ştefan Olteanu, cronicarul sportiv al Steagului Roşu, m-a numit vioara întâi, iar asta l-a înfuriat şi mai tare. Era convins că nimeni nu-i putea lua
locul, nici când el juca slab, deşi aceasta se întâmpla extrem de rar. Atunci m-am decis şi am plecat la Sibiu, pentru că aflasem că Şoimii trag la promovare. Nu a promovat, a făcut-o Chimia Rm.Vâlcea, iar eu am ajuns la Steaua, alături de Iordănescu şi Marcel Raducanu, apoi, la Jiul şi Precizia Săcele. În Săcele, sunt stabilit şi acum. La Bacău, nu s-a mai pus problema să mă mai întorc vreodată, deşi suporterii de acolo mă tot întrebau când voi reveni. Am jucat pentru Sport Club, la prima echipă, 2 sezoane. Aşa a rămas consemnat…
-Mai avem fotbal astăzi? Ce fotbalişti îţi trezesc interesul?
-Nu-mi place niciunul. Naţionala de astăzi e cea mai slabă din istoria fotbalului nostru. Fotbalişti ca acum nu-i primeai în echipă nici în curtea şcolii. Nu cred că e vina antrenorului. Ce să facă şi neamţul ?! Când jucam eu, din cantonament şi deplasări, nu lipseau din geantă sticla cu vin şi pasta de dinţi. Nu mergea una fără alta. În teren, însă, nu se cunoştea. Astăzi, le dai fotbaliştilor să mănânce o îngheţată şi se izbesc cap în cap.
http://leonardpopa.blogspot.com/2017/05/interviu-cu-fostul-fotbalist-bacauan.html
http://leonardpopa.blogspot.com/2014/12/interviu-cu-mihai-carpuci-fost.html
Interviu cu Mihai CĂRPUCI (fost component al lui Dinamo/Sport Club Bacău)
„Pe mine m-a debutat nea Aristică Ghiţă!”
…Un jucător-indiscutabil-important, crescut în umbra lui Lucian Catargiu, dar care aducea ca alură de Gh.Sinăuceanu. În 1974, când a debutat la prima echipă a Sport Clubului, Mihai Cărpuci (n.19 februarie, 1955) se număra printre liderii unei generaţii foarte bune de jucători autohtoni, care avea să asigure continuitatea fotbalului băcăuan pe prima scenă fotbalistică a ţării vreme de un deceniu: Vasile Şoşu, Chitaru, Toni Enescu, Doru Botez, Puiu Antohi, Tiberiu Ilie…A fost momentul în care gazetarii au început să vorbească despre “şcoala băcăuană de fotbal”, nu doar despre Liceul Sportiv din oraş.
Leonard POPA
-Cum aţi ajuns la fotbal? Tot de pe maidan?
-Am copilărit şi am locuit în zona Partizanul. Pe terenurile acelea virane, mereu se încingea câte o miuţă. Eu, Vali Cioancă, Toni Enescu eram nelipsiţi. Pe la 11 ani, am citit pe un stâlp că se făceau selecţii la Dinamo Bacău, pe stadionul din Parcul Libertăţii, şi ne-am dus şi noi să vedem ce înseamnă fotbalul cu ghete, organizat. Acolo, selecţioner unic era celebrul Cristea Ghica. Acesta te trecea imediat la joc şi după aceea îţi dădea verdictul:”Tu rămâi, tu pleci acasă…” Toţi pe care îi reţinea, ajungeau jucători de divizie. Nea Cristea nu se înşela niciodată. Eu am nimerit într-un grup cu cei cu care venisem, cu Toni Enescu, cu Vali Cioancă, dar şi cu Puiu Ghica, băiatul lui nea Cristea…
-De la bun început aţi jucat în spate?
-Nu, întâi, mi s-a indicat să joc la centru, lângă Vali Cioancă, aşa cum o făceam noi şi pe maidan, fără să ne-o ceară nimeni. Eu aveam, însă, un pas mai bun decât el, îmi plăcea şi golul, dar făceam şi faza de apărare, nu duceam lipsă de capacitate de efort. Cred că asta i-a plăcut şi lui Mircea Nedelcu, care la 15 ani m-a luat la echipa de tineret a Sport Clubului.
-Aţi mai aşteptat ceva timp, până la debutul în echipa mare…Era greu să-ţi faci loc între Catargiu şi Velicu…
-Primul meci în Divizia A îmi amintesc că l-am jucat la Cluj, prin martie 1974, cu CFR-ul. În deplasare, Sport Club se închidea, punând preţ mai mult pe defensivă. Aşa că eu am fost trimis la mijloc, să joc în faţa fundaşilor. Am pierdut atunci cu 2-0- ştiu că un gol l-a marcat vedeta locală, Adam-dar cronicarul de la “Sportul” m-a notat cu 8, chit că prin min.70 am fost înlocuit cu Doru Botez…Mai târziu, aveam să aflu şi cui datoram debutul pe prima scenă. Nea Aristică Ghiţă, enervat la culme că fundaşii centrali nu-l prea ajutau- ba mai mult, Rică Volmer, Dumnezeu să-l ierte!, începuse să dea şi autogoluri, s-a dus glonţ la Costică Rădulescu, antrenorul nostru, şi i-a spus: “Nea Costică, ăştia din 16 mi-au mâncat ficaţii…Fă ceva, adu-l pe blondul ăla de la tineret, bagă-l în teren, că-l şcolesc eu!”. Costică Rădulescu l-a ascultat şi înaintea meciului de la Cluj mi-a spus că voi intra în teren cu echipa mare. Pe loc mi-a crescut pulsul la 200, vestea venise pe neaşteptate, deşi eu îmi făceam treaba cât puteam mai bine la tineretul Sport Clubului. Nu mult după aceea, la un antrenament, l-am simţit pen ea Aristică cum pune mâna pe umărul meu şi-mi spune:”Bă, copilu,eu te-am debutat la prima echipă, dar dacă mă faci de ruşine, te bat de faci pe tine!”…
-Aţi jucat, deci, alături de monştrii sacri, Ghiţă, Dembrovschi…, dar şi cu noul val. Se schimbau generaţiile?
-Asta s-a petrecut puţin mai târziu, după ce echipa a retrogradat, în urma scandalului cu Dinamo din iunie 1974. Atunci, mulţi jucători cu experienţă au fost suspendaţi, Volmer, Sinăuceanu, Duţan, Gogu Munteanu, Catargiu, Voinea…Ghiţă şi Dembrovschi s-au transferat..Vrând-nevrând, echipa a trebuit întinerită radical, cu jucători get-beget băcăuani. Nimeni nu se aştepta să alcătuim o formaţie competitivă, într-un timp atât de scurt, dar noi am revenit în Divizia A numai după un an. Şi ce sezon am prins atunci! După 4 etape, în care fusesem ciuca bătăilor, n-am mai cunoscut înfrângerea până la sfârşit. E drept, celor “vechi” li se ridicase suspendarea, dar politica clubului de primenire a echipei a continuat. S-a dat, pentru prima dată, credit celor de la Liceul de Fotbal şi de la centrele de juniori.
-Aţi fost coleg de linie, totuşi, cu marele Dembo…Cum vă înţelegeaţi în teren cu el?
-Dembrovschi era o valoare internaţională, toţi îl respectau, pentru că rămăsese în inima tuturor ca jucătorul care făcuse să tremure marea Brazilie a lui Pele, la Mondialul din 70. Golul marcat de dânsul lui Felix, celebrul portar brazilian, se tot dădea la tv…Dembrovschi a fost, însă, mai întâi de toate, un jucător extrem de echilibrat, foarte cuminte. Ducea o viaţă singulară, nu avea prieteni. Când jucam mijlocaş-el în faţa mea-îmi spunea doar atât: ”orice minge ai, o trimiţi la mine…”. Nu i-am ieşit niciodată din cuvânt. Cred că Dembrovschi putea fi un antrenor şi mai mare decât a fost, întrucât era un pedagog deosebit, efectiv puteai învăţa de la el.
-Costică Duţan?
-Nea Costică a fost un mijlocaş cum rar a mai avut Bacăul. Foarte bun pasator şi proteja extraordinar balonul. Dacă mingea ajungea la el, era sigur că nu se va pierde. Un stil nemţesc, aş spune. De aceea, în duel “1 la 1”, neamţul te face întotdeauna…Controlul şi protejarea mingii sunt esenţiale. Noi nu prea am avut asemenea jucători până la Hagi, dar Duţan ştia cum să n-o piardă, fără să aibă tehnica lui Dobrin.
-A-propos, aţi jucat contra lui Dobrin… Cum îl simţeaţi în gazon? Astăzi, după atâta timp, cum aţi stabili ierarhia Dobrin-Balaci-Hagi…?
-E tripleta noastră de aur, care ar fi făcut furori dacă cei trei ar fi jucat împreună, în acelaşi timp…Totuşi, aveau stiluri diferite. Dintre ei, doar Hagi se exprima în regim de viteză. Dobrin şi Balaci erau cam statici. E drept, Dobrin pasa fără să se uite la coechipier, avea fler, îl simţea ca un dulău…Odată am jucat contra lui la Piteşti. La noi, antrenor era Traian Ionescu. “Mihai, mi-a spus el, n-ai ce să-i faci, stai pe capul lui şi-l faultezi…”. M-am tot ţinut de “Gâscan” (una dintre poreclele lui Dobrin-n.n.) , dar el nu mişca nimic. Eu tot după el, deşi mingea nici n-ajungea la dânsul. Nu mă gândeam decât că aşteaptă un moment să mă facă, să mi-o dea printre picioare, şi să o zbughească pe traseele doar de el ştiute spre poartă. Şi cum tot îl jandarmuiam eu aşa, numai ce-l aud că-mi spune:”băi, buzatule, du-te şi joacă fotbal, că eu îs mort de beat, am băut toată noaptea…”
-Fotbalul nostru avea coloană vertebrală pe vremea aceea…Nu eram rupţi în două la mijloc, nu cădeam pe spate, cum se întâmplă astăzi la majoritatea echipelor de la noi…
-Şi Dinamo avea un mijloc puternic, era epoca lui Radu Nunweiller…Ce jucător! Organiza jocul şi dacă ar fi fost legat la ochi. Echipa juca după partitura lui, nu invers.Te măcina la mijloc, nu alta…După un meci cu Dinamo, îţi reveneai abia după trei zile.
-Nu vi se cerea asta? Nu începuseră aranjamentele cooperativei?
-Uneori, Dinamo venea cu pretenţii…Din 4 puncte, 3 trebuia să fie ale lor. Odată, ne-au spus-o pe şleau la Bacău. Aveau nevoie de victorie. La ei, antrenor interimar era Vasile Anghel. La noi, Dumitru Nicuşor. Arbitru, Cristian Teodorescu. Dacă pierdeam, noi retrogradam… Înainte de meci, centralul ne-a întrebat dacă ştim ce avem de făcut. Am jucat şi am câştigat cu 3-0. Cred că atunci a fost prima mişcare în front.
-N-au sărit cei de la Partid?
-Rolul lor era, cred, să ne mobilizeze. Înaintea partidelor, noi stăteam în cantonament la Hemeiuşi. Cu câteva ore înainte de începerea meciului, veneau cu maşinile lor negre şi ne spuneau pe un ton ferm, hotărât, ca la plenară: “Băieţi, să nu ne facem de ruşine, că e de jale…Stadionul e arhiplin!” Era teama aceea de a nu da niciun prilej de revoltă populară…
-Când v-aţi retras?
-La 31 de ani, m-a sunat Leonida Antohi, de la Iaşi, că vrea să facă echipă la Paşcani, cu Bucu, cu Ursu, toţi veteranii de la Poli, şi m-a întrebat dacă nu vreau să ajut echipa să promoveze. M-am dus, pentru că mi-au dat bani de o Dacie, dar formaţia s-a clasat pe locul secund şi nu a mai promovat. M-am întors la Bacău şi am continuat să joc la Aripile (Aerostar), într-o echipă unde mai erau Ghiţă Poenaru, Scânteie, Grigoraş…De acolo, m-am retras.
-Astăzi, vă place în mod special vreun fotbalist?
-Domnule, mie mi-a plăcut mult Chiricheş, dar acum îl văd pe Sînmărtean ăsta…Cred că fotbalul românesc ar trebui să-l cloneze şi să stea liniştit vreo câţiva ani. N-ar mai pierde nicio calificare în turneele finale. Uitaţi-vă la Tănase, din 20 de pase, 14 le dă la adversar. Sînmărtean dacă greşeşte două! Steaua n-are contracandidată la titlu de câţiva ani. Ar trebui să i se dea trofeul fără să se mai joace campionatul. Staţi să vedeţi unde se va ajunge cu reducerea numărului de echipe în primul eşalon. În câţiva ani, vom avea competiţie ca în Elveţia, cu câteva formaţii. E din ce în ce mai greu să atragi bani către fotbal. Decât un investitor care să se supere şi să-şi strângă jucăriile, apoi să plece fără urmă, mai bine ar fi mai mulţi susţinători care să-şi plătească un abonament anual de câteva milioane vechi.
-Şi totuşi, ne calificăm cu naţionala la Euro?
-Asta, fără doar şi poate! Problemele, însă, abia atunci vor începe. Sper să nu mergem la turneul final numai ca într-o drumeţie…
https://ro.wikipedia.org/wiki/FC_Precizia_S%C4%83cele Sacele – Brasov
Per comprendere quello che capitava nel 1986