indagini
Gesù e Maria Maestri della Pasicologia Cristiana

Gesù e Maria, Maestri della Psicologia Cristiana

Giovanni Vannucci diceva

Due sono le forme mentali per avvicinare il mistero divino: la sapienza del saggio e la semplicità del fanciullo. Al saggio è richiesto di non dire una parola in più di ciò che ha sperimentato.

                Gli ebrei avevano la dottrina di Mosè che era buona, ma seguivano l’interpretazione dei farisei e degli scribi che non era buona, la tradizione creata dalla falsa scienza aveva preso il posto della vera conoscenza.

  • L’astuzia sostituiva l’intelligenza;
  • La tortuosità del sofisma la chiarezza della legge;
  • Il raggiro prendeva il posto del diritto, tutto condito con l’olio dell’ipocrisia e il vino della concupiscenza;
  • L’apparenza della virtù e della giustizia in luogo della virtù e della giustizia;
  • Il pagamento delle decime al posto della cura verso l’orfano e la vedova.
  • Le abluzioni potevano sostituire la giustizia non resa,
  • L’offerta al tempio poteva esimere d’aver cura dei propri genitori.

Tutto può essere sovvertito con il sofisma astuto, con l’abile gioco di una logica apparente, con la scaltrezza del cavillo sottile; tutto, anche il vangelo  di Cristo, la parola dello Spirito, la verità di Dio! Quando la parola non viene chiusa dalle trappole accomodanti costruite dalla pigra mente umana, e scende libera in cuori aperti e vivi, intraprende un soliloquio con essi, il cui frutto è l’avvicinamento, senza mediatori, dell’uomo che vive nel tempo e l’eternità che ne è fuori. La verità eterna diventa esperienza e constatazione, e il suo annuncio è liberazione.

Fratelli tutti “Non c’è nulla di più dannoso che credere in un Dio sbagliato. Anche Cristo è stato condannato perché aveva bestemmiato Dio”.

Fede e Morale: “senza fede, una qualsiasi fede, non è possibile una morale: infatti scegliere è darsi una morale; ma per scegliere una cosa bisogna credere in quella cosa”, “perché prima si crede e poi si agisce; e si agisce conformemente a quanto si crede”. Più volte P. David ha ribadito il primato della fede sulla morale, perché solo essa può dar senso alle azioni umane e alla storia: “La morale, appunto perché appartiene al divenire, deve sempre cambiare, deve cercare di esprimersi in nuove forme, in nuovi rapporti”

Madre Teresa di Calcutta, santa, premio Nobel per la pace

<<Per sangue e origini sono albanese pura. Per cittadinanza sono indiana. Come suora sono cattolica. Per vocazione appartengo a tutto il mondo. E quanto al mio cuore, sono tutta del cuore di Gesù>>. Nell’abbracciare il mondo, definisce il proprio ruolo dicendo: <<Il nostro lavoro è quello di incoraggiare cristiani e non cristiani a fare opere …

Santa Madre Teresa di Calcutta e la psicologia cristiana: l’albero dell’autodistruzione e dell’autorealizzazione, radici e rami

L’albero dell’autorealizzazione, nei rami ha: risolutezza, salute, gioia, automotivazione, soddisfazione, accettazione, realizzazione, creatività. Mentre nelle radici si nutre di: carità, amicizia, perdono, amore, gratitudine, gentilezza, calore, fiducia.

La verità: patrimonio dell’umanità, una vita da protagonisti, AUGURI DI PACE. Dice Gesù, a Maria Valtorta: i Suoi riconosceranno la Sua Parola

Le rivelazioni di Santa Brigida, Il calendario gregoriano, zodiaco e la scienza, con prof. Antonino Zichichi, Sacra di San Michele in PIemonte e la Porta dello Zodiaco del 1100 d. C. Sesta stazione – Mons. Alessandro Pronzato – VERONICA – l’ABUSIVA
C’è chi vorrebbe epurare dalla Via Crucis questa donna. Il suo gesto non è registrato dal Vangelo. Quindi – così dicono – si abbia, una buona volta, il coraggio di scacciare dal racconto della Passione questa intrusa della misericordia, questa “abusiva” che non è in grado di esibire il biglietto con il timbro della storia.
Eppure, guai se saltasse questa stazione. Sarebbe la squalifica di un mondo popolato da animali equipaggiati di ragione e di un robusto … cuore di pietra.
Se Cristo, lungo la Sua via dolorosa, non avesse incontrato una sola persona capace di compiere il gesto di Veronica – un fazzoletto passato furtivamente su un volto sfatto dalla stanchezza e ingrommato di sudore sangue e sputi – allora, veramente, mi vergognerei del nome di uomo.
Allora si dovrebbe affrontare geografi e astronomi e dirgli chiaro e tondo: Cari e illustri signori, avete preso un colossale abbaglio nel presentarci la terra secondo la forma che vediamo nei mappamondi. Correggete il vostro errore. In realtà, la terra ha la forma di una gabbia e dentro ci sono due specie di belve: quelle che si buttano, avide, sulla preda, e quelle che assistono, impassibili, allo scempio.
No. Per fortuna, c’è questa donna col suo fazzoletto. Tutti abbiamo bisogno di lei. Perché ci venga riconosciuto almeno un briciolo di dignità.
Ma la verità storica? Le prove dell’autenticità dell’episodio?
Qui è il caso di dire che la verità la facciamo noi.
Le prove vanno ricercate, non nel passato, ma nel presente. Io posso fornire queste prove. Io sono in grado di dimostare l’esistenza storica di Veronica.
Se almeno una volta mi sono fermato di fronte a una disgrazia altrui.
Se ho il coraggio di rompere il cerchio dell’indifferenza generale.
Se mi ritengo responsabile della sofferenza di un fratello.
Se non mi vergogno di avere un cuore in grado di commuoversi.
Se conservo la capacità di piangere sui casi di un poveraccio.
Se me la sento di sfidare l’impopolarità e il ridicolo e tutte le argomentazioni del buonsenso e della prudenza e della logica per precipitarmi a tendere la mano verso chi – anche con uno sguardo – implora aiuto.
Se non compio indagini per accertare “a chi tocca”.
Se non faccio calcolo sui rischi, su che cosa mi può succedere, sui guai che posso avere …
Allora Veronica è veramente esistita, è una creatura in carne e ossa. Allora il suo gesto è provato storicamente. Allora l’episodio che la riguarda è autentico. Allora è garantita la sopravvivenza della sesta stazione.
Mi pare, però, di intuire le ragioni dell’antipatia di tanti maestri per questa donna, del loro torcere il naso dinanzi al suo gesto pietoso che non risolve nulla. Loro avrebbero preferito rifare il processo a Gesù
Accertare le responsabilità degli altri
Denunciare le efferatezze delle torture
Sensibilizzare l’opinione pubblica
Analizzare le cause del dolore
Programmare un piano articolato di interventi
magari scrivere un manuale sul modo più corretto di esercitare la carità.
E, intanto, il Condannato si sarebbe dovuto accontentare di una astratta testimonianza di solidarietà, di un interessamento verbale. L’Uomo avrebbe consumato fino in fondo, nella propria carne, la fase del sacrificio, mentre quegli altri si attardavano nella fase di studio.
Un gesto concreto, modesto, insufficiente fin che si vuole, ma pure sempre un segno di amore. E l’amore, per essere tale, deve uscire dalle pagine dei libri, dalle chiacchiere, dalle discussioni, per ritrovare la spontaneità e l’efficacia dei gesti più ordinari, più semplici, più ingenui se vogliamo.