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Il posto, Il mio biglieto da visita, di Mons. Alessandro Pronzato

Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv 14, 2-3).

Il discorso dei posti è un discorso che intriga parecchio. Perfino in campo ecclesiale, certi posti si raggiungono se hai le conoscenze giuste, puoi contare su raccomandazioni di gente influente, appartieni a quel clan o a quella combriccola, hai in tasca quella tessera, frequenti quell’anticamera, quel salotto o quella sacrestia.

Fortuna che il posto “lassù” – quello che più conta – è già preparato. Senza bisogno di raccomandazioni, dispute, tessere di riconoscimento. Non è questione di intrighi, colpi di manto, manovre sotterranee.

Inutile sgomitare, competere, stare in ansia, brigare, assicurare servizi (calpestando, magari, la propria dignità).

Don Tonino Bello e Santo Giovanni Paolo II

Don Tonino Bello apostolo NON SOLO del secolo scorso

Don Tonino Bello apostolo NON SOLO del secolo scorso “E’ necessario stimolare una formazione politica seria, senza la quale i poveri si trasformeranno in massa manovrabile da parte di coloro che hanno in amano le leve del potere economico, politico e culturale”.

Slogans dell’anima

“La civiltà di un popolo non progredisce con la ricchezza economica, ma con l’evoluzione del bene da condividere e il rispetto dei diritti di tutti, iniziando dai più deboli. La pace non si fonda sui trattati CHE FIRMANO I VINCITORI, MA SULLA MORALITA’ DEI COSTUMI, CHE OBBLIGA VINTI E VINCITORI. La guerra è l’espressione immorale e violenta del potere selvaggio sui più deboli”. Massimiliano Kolbe

“IMPERI E NAZIONI CROLLANO NON per la discutibilità delle leggi, ma per la corruzione dei costumi che le precede. Credo nell’efficacia di un progetto politico con il quale si promuova la libertà NON DI FARE ciò che ci pare e piace, ma di adempiere i doveri scritti nella coscienza naturale di tutti”. Massimiliano Kolbe

Uniti per i diritti umani Martin Luther King

Uniti per i diritti umani, lottare per la dignità del lavoratore

“In piccoli luoghi, vicino a casa, così vicini e così piccoli che non si possono vedere su nessuna cartina del mondo. Eppure sono il mondo della singola persona: il vicinato in cui vive, la scuola o l’università che frequenta, la fabbrica, la ditta o l’ufficio in cui lavora. Questi sono i luoghi in cui ogni uomo, donna e bambino cerca equa giustizia, equa opportunità e dignità, senza discriminazione. A meno che questi diritti abbiano un significato in tali luoghi, essi avranno poco significato altrove. Senza un’azione concordata da parte dei cittadini per far sì che vengano sostenuti vicino a casa, cercheremo invano progressi nella vastità del mondo”. Eleonor Roosevelt
La teologia liberatrice … forse solo le religioni possono dare ai popoli la visione, l’energia, la speranza e la perseveranza per dialogare con la Religione del Mercato, lottare contro di essa e riconquistare i suoi seguaci che hanno messo il dio del consumismo e la crescita economica al posto dell’UNICO DIO … “. Pazzini Editore

La verità: patrimonio dell’umanità, una vita da protagonisti, AUGURI DI PACE. Dice Gesù, a Maria Valtorta: i Suoi riconosceranno la Sua Parola

Le rivelazioni di Santa Brigida, Il calendario gregoriano, zodiaco e la scienza, con prof. Antonino Zichichi, Sacra di San Michele in PIemonte e la Porta dello Zodiaco del 1100 d. C. Sesta stazione – Mons. Alessandro Pronzato – VERONICA – l’ABUSIVA
C’è chi vorrebbe epurare dalla Via Crucis questa donna. Il suo gesto non è registrato dal Vangelo. Quindi – così dicono – si abbia, una buona volta, il coraggio di scacciare dal racconto della Passione questa intrusa della misericordia, questa “abusiva” che non è in grado di esibire il biglietto con il timbro della storia.
Eppure, guai se saltasse questa stazione. Sarebbe la squalifica di un mondo popolato da animali equipaggiati di ragione e di un robusto … cuore di pietra.
Se Cristo, lungo la Sua via dolorosa, non avesse incontrato una sola persona capace di compiere il gesto di Veronica – un fazzoletto passato furtivamente su un volto sfatto dalla stanchezza e ingrommato di sudore sangue e sputi – allora, veramente, mi vergognerei del nome di uomo.
Allora si dovrebbe affrontare geografi e astronomi e dirgli chiaro e tondo: Cari e illustri signori, avete preso un colossale abbaglio nel presentarci la terra secondo la forma che vediamo nei mappamondi. Correggete il vostro errore. In realtà, la terra ha la forma di una gabbia e dentro ci sono due specie di belve: quelle che si buttano, avide, sulla preda, e quelle che assistono, impassibili, allo scempio.
No. Per fortuna, c’è questa donna col suo fazzoletto. Tutti abbiamo bisogno di lei. Perché ci venga riconosciuto almeno un briciolo di dignità.
Ma la verità storica? Le prove dell’autenticità dell’episodio?
Qui è il caso di dire che la verità la facciamo noi.
Le prove vanno ricercate, non nel passato, ma nel presente. Io posso fornire queste prove. Io sono in grado di dimostare l’esistenza storica di Veronica.
Se almeno una volta mi sono fermato di fronte a una disgrazia altrui.
Se ho il coraggio di rompere il cerchio dell’indifferenza generale.
Se mi ritengo responsabile della sofferenza di un fratello.
Se non mi vergogno di avere un cuore in grado di commuoversi.
Se conservo la capacità di piangere sui casi di un poveraccio.
Se me la sento di sfidare l’impopolarità e il ridicolo e tutte le argomentazioni del buonsenso e della prudenza e della logica per precipitarmi a tendere la mano verso chi – anche con uno sguardo – implora aiuto.
Se non compio indagini per accertare “a chi tocca”.
Se non faccio calcolo sui rischi, su che cosa mi può succedere, sui guai che posso avere …
Allora Veronica è veramente esistita, è una creatura in carne e ossa. Allora il suo gesto è provato storicamente. Allora l’episodio che la riguarda è autentico. Allora è garantita la sopravvivenza della sesta stazione.
Mi pare, però, di intuire le ragioni dell’antipatia di tanti maestri per questa donna, del loro torcere il naso dinanzi al suo gesto pietoso che non risolve nulla. Loro avrebbero preferito rifare il processo a Gesù
Accertare le responsabilità degli altri
Denunciare le efferatezze delle torture
Sensibilizzare l’opinione pubblica
Analizzare le cause del dolore
Programmare un piano articolato di interventi
magari scrivere un manuale sul modo più corretto di esercitare la carità.
E, intanto, il Condannato si sarebbe dovuto accontentare di una astratta testimonianza di solidarietà, di un interessamento verbale. L’Uomo avrebbe consumato fino in fondo, nella propria carne, la fase del sacrificio, mentre quegli altri si attardavano nella fase di studio.
Un gesto concreto, modesto, insufficiente fin che si vuole, ma pure sempre un segno di amore. E l’amore, per essere tale, deve uscire dalle pagine dei libri, dalle chiacchiere, dalle discussioni, per ritrovare la spontaneità e l’efficacia dei gesti più ordinari, più semplici, più ingenui se vogliamo.