Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv 14, 2-3).
Il discorso dei posti è un discorso che intriga parecchio. Perfino in campo ecclesiale, certi posti si raggiungono se hai le conoscenze giuste, puoi contare su raccomandazioni di gente influente, appartieni a quel clan o a quella combriccola, hai in tasca quella tessera, frequenti quell’anticamera, quel salotto o quella sacrestia.
Certe carriere, più che sulle capacità e sui meriti, sono determinate, o almeno favorite, dai rapporti intrecciati con uno o più personaggi di spicco e che stanno in qualche stanza dei bottoni (compressi quelli rossi). Si tratti di posti, sedi, poltrone, è necessario piazzarsi all’ombra protettrice di qualcuno.
Io faccio un favore a te, e tu, al momento opportuno, restituirai il favore. Io recensisco con occhio di estrema benevolenza il tuo libro, e tu parlerai bene del mio. Niente è all’insegna della gratuità. Presto o tardi il distributore di posti passerà all’incasso.
Fortuna che il posto “lassù” – quello che più conta – è già preparato. Senza bisogno di raccomandazioni, dispute, tessere di riconoscimento. Non è questione di intrighi, colpi di manto, manovre sotterranee.
Inutile sgomitare, competere, stare in ansia, brigare, assicurare servizi (calpestando, magari, la propria dignità).
Io mi accontento del posto “preparato” da Lui. E ciò mi dà una grande serenità.
“Quaggiù” occorre avere la furbizia di saltare sul carro del vincitore di turno, fiutare il vento che tira, entrare nei giocchi, più o meno coperti, del potere.
“Lassù”, invece, avrò il posto assicurato grazie unicamente alla mia ingenuità: quella che mi avrà portato a puntare tutto sul Grande Perdente.
Opportunismo, ipocrisie, calcoli, spregiudicatezza, trasformismo, cortigianeria, equilibrismo, connivenze sospette, che spesso diventano complicità. Niente di tutto questo: solo abbandono.
Il posto è a disposizione per le persone che si mantengono libere, che evitano gli intrallazzi, non si preoccupano di tessere reti di relazioni.
La non appartenenza, lo starsene fuori, il non riconoscersi nella folta schiera dei servitorelli, la non frequentazione di certe assemblee, l’indifferenza per le etichette, il mantenersi alla larga dagli schieramenti. Tutto ciò non mi impedirà – anzi! – di occupare quel posto.
L’unica “spinta” che mi interessa è quella che avverto dentro. E che mi porterà a quel posto non conquistato, ma “preparato”, donato, senza alcun merito da parte mia, ma per assoluta gratuità, da Qualcuno.
Monsignor Alessandro Pronzato un gigante della psicologia cristiana
Dal libro <Il Rosario – Preghiera nel quotidiano>
Quarto mistero doloroso
Gesù sale il Calvario portando la croce
Il mio biglietto da visita
Non si può percorrere la strada del Calvario, mentre Cristo porta la croce, in qualità di turisti disimpegnati.
L’atteggiamento più esatto è stato indicato da Paolo VI, proprio sul … luogo del delitto: <Siamo venuti come ritornano i rei al luogo e al corpo del delitto>.
Dobbiamo avere il coraggio di avvicinarci al Condannato come corresponsabili. Disposti a pagare. <L’amore non conteggia. Paga>(A. Zarri).
Due soli malfattori sono pochi per questo corteo.
Avanti, manca qualcuno.
Mancano gli amici.
Mancano i veri colpevoli.
Manco io.
Non servono le mani <pulite>. Servono le mani che sappiano battersi il petto. Per sé e per gli altri.
Cristo, che sale verso il Calvario accompagnato da due soli <malfattori>, mi porge, se appena trovo la forza di accostarmi, un biglietto col timbro della mia autenticità cristiana: testimone colpevole.
<Dio ti ringrazio che non sono come il resto degli uomini, rapaci, ingiusti, adulteri>, pregava il fariseo (Lc 18, 11).
Io vorrei pregare così:
<Ti ringrazio, Dio, perché non mi sento migliore del resto degli uomini. Fammi un po’ di posto fra i due malfattori che Ti accompagnano verso il luogo del Cranio, dove gli uomini verranno assolti perché Tu hai accettato di essere condannato per tutti>.
Oppure così.
<Signore, un corteo composto da tre soli colpevoli in cammino verso il Calvario è veramente striminzito, date le circostanze. Voglio aggiungermi anch’io al drappello.
Guariscimi dall’ipocrisia che mi fa sentire migliore degli altri.
Abituami a considerare tutte le notizie e i fatti che mi scandalizzano come altrettante chiamate a correo, come altrettanti capi di imputazione nei miei confronti.
Fammi sentire responsabile di tutto e di tutti. Ossia, semplicemente, cristiano.
Signore, quando cerchi un colpevole di qualcosa, di qualsiasi cosa, vieni pure a bussare alla mia porta. Sono io, senz’altro>.
TERZO MISTERO GLORIOSO: Esplorazione nei misteri del Rosario
Arriva il grande Protagonista che fa spalancare le porte
… Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi … At 2, 1-11
Lo Spirito è il grande Protagonista dell’avvenimento della Pentecoste. Il suo arrivo è segnalato con due immagini: quella del vento e quella del fuoco.
Vento
Il vento è imprevedibile. <Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito> (Gv 3, 8).
Aprirsi all’azione dello Spirito, significa diventare creature <sorprendenti>, inspiegabili. Che non seguono le traiettorie obbligate del buonsenso, le strade battute della mediocrità generale, gli itinerari programmati del <fanno tutti così>, né i sentieri ben segnati dell’abitudine e delle ripetizioni.
Non per nulla i primi monaci venivano chiamati <figli del vento>, proprio per l’imprevedibilità della loro azione e delle loro iniziative, per la novità sconcertante dei loro gesti.
La vita cristiana è fedele allo Spirito nella misura in cui dimostra di essere capace di <sorprendere>.
Il vento è inafferrabile. Non lo si può ingabbiare, amministrare, controllare.
Nessuno è libero come un santo.
Nessuno è meno addomesticabile di una creatura afferrata dallo Spirito.
Il vento è inarrestabile. Nella sua azione irresistibile, travolge tutti gli ostacoli, spazza via le paure, scuote i pregiudizi, scrolla le sicurezze, fa piegare le resistenze più accanite.
Non è possibile fermare il vento.
Occorre abbandonarsi alla sua forza travolgente, assecondare il suo movimento impetuoso e lasciarsi trasportare nella sua direzione.
Il vento si diverte a portarci dove noi non vorremmo.
Niente paura. Andiamo a sbattere … in qualche mondo nuovo. Si va ad approdare a qualche <terra nuova>.
Il vento, dunque, è una realtà dinamica, non statica.
Non lo si possiede. Si è posseduti da lui.
Non si comanda al vento. Ci si mette a sua disposizione.
Il vento non lo si spiega. Se ne vedono gli effetti.
Al vento non si può imporre una direzione o una misura. È lui che fissa la direzione e stabilisce la misura.
Una persona amica dello Spirito la si riconosce perché è una creatura di movimento.
Troppe persone religiose recano addosso una tale pesantezza e sono talmente amanti dell’immobilismo, da far nascere, legittimo, il sospetto di non aver alcuna familiarità con lo Spirito. Lo confondono col loro … fiato corto.
Proviamo a riflettere. Accogliere lo Spirito, nella propria vita, significa accogliere il vento.
E quando entra questo vento impetuoso, nel mondo o in un’esistenza personale, o in una comunità, c’è una sola certezza: niente rimane come prima.
Lo Spirito ha la pessima abitudine di non lasciare stare come sono né le cose né le persone. Si diverte a non lasciare niente e nessuno al proprio posto.
<Questi uomini gettano il disordine nella nostra città> (At 16, 20).
La colpa non è loro. Ma del vento.
Lo Spirito si presenta anche sotto forma di fuoco.
< … Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro …> Un unico fuoco, che svolge però un’azione peculiare su ciascuno. Dunque, lo Spirito come principio di unità, ma anche principio di differenziazione. Unità non significa livellamento. Il volto di ciascuno, nella comunità, non può essere inghiottito nella massa indifferenziata.
Il fuoco svolge una triplice azione di:
- illuminazione
- calore
- purificazione.
Il fuoco, però, tende a propagarsi. È fatto per appiccarsi. Non riesce a stare nei propri limiti.
<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già accesso!> (Lc 12, 49). Cristo è piuttosto impaziente a questo riguardo.
C’è bisogno, perciò, di qualcuno disposto a lasciarsi … incendiare.
Qualcuno che non abbia paura di scottarsi. Che non si mantenga a distanza di sicurezza.
Per favore, amico, non scambiare il tuo pigro tepore col fuoco divorante dello Spirito.
Avvicinati a questo fuoco.
Unisci la tua fiammella a questo colossale incendio.
Acquista la sua incandescenza. Sopporta le sue temperature. Non buttarci sopra le ceneri della prudenza per tenerlo a bada.
Molti cristiani danno l’impressione che si siano premurati di proteggere il loro cuore contro l’incendio dello Spirito, soffocandolo sotto le ceneri della paura, del calcolo, della <ragionevolezza>, della timidezza.
Ci sono dei cuori che si difendono dal fuoco, lo circoscrivono, lo attenuano, cercano di limitarne i danni, invece di buttarvisi dentro.
Soprattutto, amico, sii disponibile alla dolorosa azione purificatrice dello Spirito.
Il fuoco, per trasformare, deve liberare la materia da tutte le impurità, le scorie, le macchie.
Non c’è conversione senza cambiamento, e non c’è cambiamento senza purificazione, e non c’è purificazione indolore.
Non c’è trasfigurazione senza faticosa ascesi.
Devi affidarti al fuoco se vuoi che la tua vita acquisti trasparenza e incandescenza.
<Ciascuno sarà salato col fuoco … > (Mc 9, 49).
Dunque. Sei disposto a non difenderti dal fuoco?
Accetti questo incendio di Dio nella tua vita?
Bada che, in questa prospettiva, possedere lo Spirito significa … maneggiare il fuoco. Significa diventare persone che non sono mai innocue, di fronte alle quali non si può restare indifferenti. Creature che lasciano il segno …
La familiarità col fuoco si esprime attraverso una fede contagiosa.
Devi essere luce, sale (il sale brucia, ha il fuoco dentro!), lievito.
Il tuo compito non è rassicurare, ma di provocare.
Guai se ti riduci ad essere la camomilla, il benefico tranquillante di quanti ti avvicinano.
In tal caso il mistero della Pentecoste è un avvenimento che non fa per te.
Le porte sono fatte per essere spalancate
Ma il miracolo della Pentecoste può essere evidenziato, nei suoi effetti, anche con l’immagine delle porte che si spalancano.
Un gruppo di individui timidi, paurosi, escono fuori allo scoperto, affrontano la moltitudine, si impongono all’attenzione, suscitano sconcerto, fanno problema.
Ecco che finalmente la comunità non rimane più chiusa in se stessa. Non trova in se stessa la propria ragion d’essere. Lo <stare insieme> è in funzione di una testimonianza, di un messaggio, ossia di qualcos’altro.
Il giorno di Pentecoste le porte del cenacolo si aprono. E la comunità <esce>. Affronta il mondo.
Tutto ciò non attraverso una decisione propria. Ma perché investita da un <soffio> prepotente. È lo Spirito che catapulta la Chiesa in mezzo alla gente, ossia nel <luogo> della sua missione.
LA FINE DEL MONDO
L’INCORONAZIONE DELLA MARIA REGINA è come la fine del mondo.
Cessa il mondo dell’apparenza, della vanità, dell’esterirità, del vuoto.
Finiscono le rappresentazioni del circo.
Smobilita la fiera.
Termina il carnevale.
Si spegne il chiasso assordante della pubblicità e della propaganda
Sbiadiscono le luci rutilanti del palcoscenico mondano.
Ai cosiddetti <grandi uomini> viene strappata la maschera e appaiono omini miserabili.
Molti <divi> di prima grandezza vengono ricondotti alla loro statura originale, non deformata dai mass-media e dall’adorazione dei devoti: ed è veramente poca cosa. E anche il loro volto, raschiato via il trucco, risulta abbastanza banale, deludente.
C’è una creatura, però, che non ha mai messo la maschera.
La gente importante non si è accorta di lei, perché c’era di mezzo un velo.
Ora tutti possono guardare.
E rendersi conto. Prendere atto.
Sì, è la fine del mondo. Il mondo della falsità, dell’inganno, dei valori fasulli, della futilità, della superficialità.
Deve sbriciolarsi il mondo dell’apparenza.
E, al centro, sta una semplice donna che ha avuto il coraggio di essere.
Si spacca la crosta dell’esteriorità.
E veniamo chiamati a contemplare lo splendore abbagliante di una creatura che ha frequentato le profondità.
La rivincita dei <piccoli>
Ma l’incoronazione della Vergine rappresenta anche una specie di <risarcimento danni> nei confronti di tantissimi <piccoli>.
Con la Madonna vengono canonizzate infinite creature che, come lei, hanno interpretato e interpretano i ruoli più oscuri, sfuggendo alla curiosità e agli applausi del pubblico.
Sorge allora, doverosa, una domanda: quali sono le persone che contano veramente?
Quali sono le persone attive?
Quali sono le persone produttive?
Quali sono le persone impegnate?
Quali sono i veri protagonisti della storia (e quali le comparse, anche se sono sempre in primo piano e hanno addosso le luci della ribalta e monopolizzano gli applausi della platea)?
Troppa gente si illude di far camminare la storia soltanto perché dirige il traffico dei minuscoli avvenimenti che riempiono i giornali, gli schermi e i libri e le copertine dei rotocalchi. Mentre i veri <artefici della storia> operano in disparte, e soprattutto agiscono in profondità.
Se gli eccitati ed esagitati attivisti – anche delle <opere buone> – scoprissero, a un tratto, a chi sono dovuti certi brillanti successi, certe realizzazioni, misurerebbero tutta la ridicolaggine del loro inguaribile complesso di <mosche cocchiere>.
Se predicatori, conferenzieri e organizzatori instancabili costatassero quali sono le persone <insignificanti> che tengono in piedi, fanno camminare e funzionare il mondo, la Chiesa, gli Ordini religiosi e tutto il resto, sicuramente perderebbero un po’ della loro supponenza e spavalderia e nutrirebbero qualche dubbio circa l’identità dei componenti la cosiddetta <ala portante>.
Beh, capiscano o meno quei signori, entrino o meno nella prospettiva dell’ultimo mistero glorioso del Rosario, resta l’insostituibile necessità di questa gente insignificante, che se ne sta in un angolo, apparentemente estranea alla mischia. Capace però di pregare, di contemplare, di servire. Soprattutto, di essere.
In mezzo a un mondo percorso dalla frenesia della pubblicità e dell’esibizionismo più cafone, in cui tutti si illudono di fare cose estremamente importanti, per fortuna c’è un esercito formato da tenaci, gioiosi specialisti del lavoro sotterraneo. Ci sono gli instancabili faticatori nell’ombra, impiegati in azioni poco appariscenti, di scarso rilievo esteriore, di modesta risonanza, impossibile da inquadrare in una qualsiasi contabilità.
E, alla testa di questo esercito sterminato, una donna rivestita di luce. Una donna che ha sempre camminato in punta di piedi …
È soltanto grazie a questo grigio esercito della preghiera, della contemplazione e del lavoro sotterraneo, di questi silenziosi protagonisti dei giorni feriali, che questa palla di stracci e di peccati e di chiacchiere che rotola attorno al sole non s’inceppa …
Dunque. Ti senti di arruolarti in questo esercito formato da tutte le persone che <non contano> e che perciò sono indispensabili?
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