tra Ralph Waldo Emerson, Kahlil Gibran e Rudyard Kiplig
La ricerca dell’equilibrio
Condensato dal saggio “Compensation” di Ralph Waldo Emerson
Uno dei più celebri filosofi americani del secolo scorso scoprì che l’universo è retto da una legge inesorabile secondo la quale il guadagno è perdita e l’amaro è dolce.
Fin da ragazzo ho sempre desiderato scrivere sulla compensazione, perché mi sembrava che la gente ne sapesse più di quanto insegnavano i predicatori. Quando poi ascoltai un sermone sulla dottrina del Giudizio Universale ebbi ancora più voglia di realizzare una tale aspirazione. Chi parlava, affermava che la giustizia non è di questo mondo, che i cattivi trionfano, che i buoni soffrono, e concludeva, rifacendosi alla ragione e alle Scritture che sia gli uni sia gli altri avrebbero trovato una compensazione nell’altra vita.
L’errore di questo insegnamento, pensavo, stava nella paradossale affermazione che i cattivi trionfano e che non viene fatta SUBITO giustizia. Ma la vita quotidiana smentisce una tale affermazione. In ogni aspetto della natura troviamo una polarità, ossia un’azione e una reazione: oscurità e luce, caldo e freddo, maschio e femmina. Un inevitabile dualismo divide la natura in due parti uguali, cioè ogni cosa è una metà e rivela l’esistenza dell’altra che la completa per ricostruire l’intero: uomo, donna; dentro, fuori; riposo, movimento.
Il medesimo dualismo lo ritroviamo nella condizione umana. Ciò che è dolce ha la sua dose di amaro, ogni male il suo bene. Per ogni cosa che perdi ottieni qualcosa; per ogni cosa che ottieni, perdi qualcosa.
La natura non ama i monopoli e le eccezioni. Esiste sempre una circostanza equilibratrice che riporta sullo stesso piano degli altri l’arrogante, il forte, il ricco, il fortunato.
Tutte le cose sono morali. La giustizia non viene rimandata. I dadi di Dio sono sempre truccati. Il mondo appare come un’equazione matematica che, svolgila come ti pare, ritrova sempre il suo equilibrio. Prendi la cifra che vuoi, continuerà a tornarti il suo esatto valore. Ogni segreto viene rivelato, ogni delitto punito, ogni virtù ricompensata.
Gli uomini cercano di essere grandi; vorrebbero possedere ricchezze, potere e fama. Credono che essere grandi significhi conoscere un solo aspetto della natura: il dolce, senza l’amaro. Ma non possiamo dividere in due le cose e prendere solo il buono, come non è possibile avere un interno senza un esterno o la luce senza l’ombra. Tutte le cose sono doppie, una contro l’altra: pan per focaccia, occhio per occhio, misura per misura. Le maledizioni ricadono sempre su coloro che le hanno pronunciate. Se metti una catena al collo di uno schiavo, l’altra estremità si attorciglierà intorno al tuo collo. Non puoi fare un torto senza subirne uno in cambio. Quando commetti un delitto, il terreno intorno si ricoprirà di una coltre di neve e, come in un bosca, rivelerà le impronte di ogni pernice e di ogni volpe. Incancellabili.
E’ vero, anche la legge sostiene con la stessa certezza tutte le azioni giuste: ama e sarai riamato. Ma, come nessun uomo ha mai avuto una sola punta d’orgoglio che non gli sia stata nociva, così nessun uomo ha mai avuto un difetto che in qualche modo non gli sia stato utile. Il cervo della favola ammirava le sue corna e disprezzava le sue zampe ma, quando arrivò il cacciatore, furono le zampe a salvarlo. Poi, impigliatosi nei rami, furono le corna a ucciderlo. La nostra forza nasce dalla nostra debolezza. Un uomo che si siede sui cuscini del privilegio, si addormenta. Quando è costretto, sconfitto, fa appello al suo ingegno e impara la moderazione e la vera bravura.
E’ impossibile che un uomo venga ingannato da altri se non da se stesso, è altrettanto impossibile che qualcosa esista e non esista contemporaneamente. L’uomo è tutto. Ogni realtà ha due facce: una positiva e l’altra negativa.
C’è un prezzo per ciascun vantaggio. Io imparo ad accontentarmi. Non desidero più avere altri beni esteriori: né proprietà, né onori, né poteri, né persone. Il guadagno è apparente, il prezzo che si paga è certo.
Fa parte della natura dell’anima la compensazione per le ineguaglianze della nostra condizione. Io sono mio fratello e mio fratello è me. Se mi sento sopraffatto e messo in ombra da chi è più grande di me, posso sempre amare; posso sempre ricevere; e chi ama fa la sua grandezza che ama. Anche le compensazioni delle disgrazie si evidenziano con il passare del tempo. Una febbre, una mutilazione, un crudele disinganno, la perdita di una ricchezza o di un amico sembrano al momento eventi assurdi e irreparabili. Ma gli anni, infallibilmente, rivelano la profonda forza risanatrice che è alla base di ogni realtà.
Selezione dal Reader’s Digest Febbraio 1986
Hafez Haidar che ha curato questa edizione – IL PROFETA – commenta di Kahlil Gibran:
„Solo l’amore spalanca le finestre del cuore e rischiara il nostro perpetuo cammino verso orizzonti lontani, dove dimora Dio e sorge l’amore radioso e sconfinato.
Giorno dopo giorno, l’amore è alimentato da un sguardo, un bacio, una carezza o una dolce parola, ma se lo trascuriamo, i frutti di quell’albero diventano marci, preda del male. L’amore è il linguaggio di coloro che amano la vita e che parlano a cuore aperto senza timore né fatica. L’amore non si fa preannunciare da squilli di tromba, ma penetra silenzioso nel cuore dell’uomo. Esso volteggia, si libra in volo come una farfalla variopinta dai sentimenti.
L’amore non è un re, né un tesoro accatastato nei forzieri e appartiene solo a chi crede in lui e odia il male. Sorge dove la pace regna sovrana, dove l’odio è un amaro ricordo dei nostri avi.
Dove sorge l’amore nasce la vita, nasce tutto. Anche tu, uomo, anche tu, donna, quando vi amate siete al centro dell’universo!
Dobbiamo anche noi imparare a superare le divisioni e le tensioni che ancor oggi tormentano il mondo; dobbiamo impegnarci in prima persona a costruire un mondo migliore dove ognuno doni il meglio di se stesso e impari a rispettare, nel dialogo ma soprattutto nei fatti, gli altri esseri umani.
Solo così dimostreremo di aver veramente appreso il messaggio che Gibran ci ha lasciato, facendoci sognare un mondo migliore dove l’uomo non è schiavo del progresso e del materialismo, ma avvinghiato ai valori della vita e dell’amore universale.
Quando amate non dovreste dire: <<Ho Dio nel cuore>>, ma piuttosto: <<Io sono nel cuore di Dio>>”.
„IL PROFETA”
di KAHLIL GIBRAN
Allora un eremita, che visitava la città una volta all’anno,
Si fece avanti e disse: Parlaci del Piacere.
Ed egli rispose, dicendo:
Il piacere è una canzone di libertà,
Ma non è la libertà.
È la fioritura dei vostri desideri.
Ma non è il loro frutto.
È un richiamo profondo che esorta all’ascesa.
Ma non è il fondo né il culmine.
È un volatile in gabbia che prende il volo.
Ma non è un spazio racchiuso.
Si,invero il piacere è un canto di libertà.
E io vorrei che lo intonaste a cuore pieno ,ma non vorrei che nel cantarlo perdeste i vostri cuori.
Alcuni giovani tra voi cercano il piacere come se fosse tutto ed essi sono giudicati e biasimati.
Non vorrei né giudicarli né biasimarli.
Vorrei che cercassero.
Poiché essi troveranno il piacere, ma non quello soltanto.
Il piacere ha sette fratelli e il minore di essi è più avvenente dello stesso piacere.
Non avete udito di quell’uomo che, scavando la terra in cerca di radici, trovò un tesoro?
E tra voi alcuni anziani ricordano rimpianto i piaceri, come errori compiuti nell’ebbrezza.
Ma il rammarico annebbia la mente, e non il suo castigo.
Essi dovrebbero invece ricordare i loro piaceri con gratitudine, riconoscenti come per il raccolto di un’estate.
Ma se il rammarico li conforta, lasciate pure che si confortino.
E vi sono tra voi coloro che non sono né giovani per cercare, né anziani per rammentare;
E nella paura di cercare e rammentare, essi fuggono dai piaceri temendo di trascurare o di offendere lo spirito.
Ma anche nella rinuncia trovano il loro piacere.
E in tal modo essi trovano un tesoro, sebbene scavino radici con mani tremanti.
Ma ditemi, chi può offendere lo spirito?
Può l’usignolo offendere il silenzio della notte, o la lucciola le stelle?
E la vostra fiamma o il vostro fumo opprimere il vento?
Pensate forse che lo spirito sia un stagno tranquillo che potete turbare con un bastone?
Spesso, negandovi al piacere, non fate che ammucchiare il desiderio nei recessi del vostro essere.
Chissà che non vi attenda domani ciò che sembra oggi omesso?
Anche il vostro corpo conosce la sua ricchezza e il suo giusto bisogno, e non permette inganno.
E il vostro corpo è l’arpa della vostra anima,
E spetta a voi ricavarne musica armoniosa o confusi suoni.
E ora domandatevi in cuore: << Come distingueremo il buono dal cattivo nel piacere? >>.
Andate nei vostri campi e nei vostri giardini e imparerete che il piacere dell’ape è nel raccogliere il miele dal fiore,
Ma che anche il piacere del fiore è nel concedere all’ape il suo nettare.
Poiché il fiore per l’ape è una fonte di vita,
E l’ape per il fiore è un messaggero di amore,
E per entrambi, ape e fiore, donare e ricevere piacere è un bisogno e un’estasi.
Popolo di Orfalese, nel piacere siate come i fiori e le api.
E un adolescente chiese: Parlaci dell’Amicizia.
Ed egli rispose, dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno soddisfatto.
È il vostro campo, che seminate con amore e che mietete con riconoscenza.
È la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi recate da lui, e lo cercate per avere pace.
Quando l’amico vi apre la sua mente, nella vostra mente non temete di dire no, né trattenere il vostro sì. E quando tace, il vostro cuore non cessi di ascoltare il suo cuore;
Poiché nell’amicizia, tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le attese, nascono e sono condivisi con una gioia priva di lodi.
Quando vi separate dall’amico, non rattristatevi.
Poiché le cose che amate maggiormente in lui, saranno più chiare durante l’assenza, così come la montagna appare allo scalatore più nitida dalla pianura.
E non vi sia nell’amicizia altro proposito che l’approfondimento dello spirito.
Poiché l’amore che non cerca in tutte le maniere lo schiudersi del proprio arcano, non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che pesca soltanto cose vane.
E sia la parte migliore di voi per l’amico vostro.
Se egli dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate anche che ne conosca il flusso.
Poiché quale amico è il vostro per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché a lui spetta di colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E nella dolcezza dell’amicizia fate che abbondino risa e piaceri condivisi.
Poiché nella rugiada delle cose minute il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.
Allora un maestro disse: Parlaci dell’Insegnamento.
Ed egli disse:
Nessun uomo può rivelarvi se non quello che già giace semi-addormentato nell’alba della vostra conoscenza.
Il maestro che cammina all’ombra del tempio tra i suoi seguaci non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto la sua fede e il suo amore.
E se egli è saggio non vi inviterà a entrare nella casa della propria saggezza, ma vi condurrà invece alla soglia della vostra mente.
L’astronomo può parlarvi di ciò che sa degli spazi, ma non può darvi la sua conoscenza.
Il musicista vi canterà la melodia che è nello spazio, ma non può darvi il suono fissato nell’orecchio, né la voce che gli fa eco.
E chi è versato nella scienza dei numeri potrà descrivervi le regioni di pesi e di misure, ma non potrà condurvi colà.
Poiché la visione di un uomo non può prestare le proprie ali a un altro uomo.
E come ciascuno di voi sta solo davanti alla conoscenza di Dio, così ognuno di voi deve essere solo nella sua conoscenza di Dio e nella sua conoscenza della terra.
E un uomo domandò: Parlaci della Conoscenza.
Ed egli rispose, dicendo:
I vostri cuori conoscono in silenzio i segreti dei giorni e delle notti.
Ma le orecchie hanno sete di sentire il suono di questa conoscenza del cuore.
Vorreste toccare con le dita il nudo corpo dei vostri sogni.
Ed è bene che lo facciate.
La sorgente nascosta della vostra anima dovrà scaturire e scorrere sussurrando verso il mare;
E il tesoro della vostra infinita profondità si rivelerà ai vostri occhi.
Ma non pesate con la bilancia quell’ignoto tesoro;
E non cercate di sondare le profondità della vostra conoscenza con l’asta o lo scandaglio
Poiché il vostro Io è un mare sconfinato e incommensurabile.
Non dite: <<Ho trovato la verità>>, ma piuttosto: <<Ho trovato una verità>>.
Non dite: <<Ho trovato il sentiero dell’anima>>. Dite piuttosto: <<Sul mio sentiero ho incontrato l’anima in camino>>. Poiché l’anima cammina in tutti i sentieri.
L’anima non cammina su di una linea, né cresce come una canna.
L’anima dischiude se stessa come un fiore di loto dagli innumerevoli petali.
IL LAVORO
Allora un contadino chiese: <Parlaci del Lavoro>.
Ed egli rispose, dicendo:
<Voi lavorate per tenere il passo con la terra e con la sua anima. Perché oziare è rendersi estranei alle stagioni e dirottare dal corso della vita, che in solenne e fiera sottomissione avanza verso l’infinito.
Quando lavorate, siete un flauto attraverso il cui cuore si volge in musica il sussurro delle ore. Chi di voi mai vorrebbe essere una canna silenziosa e muta, quando tutte le altre insieme cantano all’unisono?
Sempre vi hanno detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che, quando lavorate, voi esaudite parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte nel momento stesso in cui quel sogno nacque.
E mantenendo voi stessi con la fatica, voi amate in verità la vita,
E amare la vita attraverso la fatica è penetrarne il segreto più profondo.
Ma SE VOI DITE, nella vostra pena, che nascere è un tormento e il peso della carne una maledizione scritta sulla vostra fronte, allora vi rispondo che soltanto il sudore laverà via ciò che vi è scritto sopra.
Vi è stato detto anche che la vita è tenebra e, nella vostra stanchezza, voi ripetete le parole di chi è stanco. E io vi dico che la vita è davvero tenebra sono se non c’è slancio.
E ogni slancio è cieco quando non c’è conoscenza,
E ogni conoscenza è vana se non c’è il lavoro,
E ogni lavoro è vuoto se non c’è l’amore,
E, quando lavorate con amore, legate a voi e voi stessi, vi legate gli uni agli altri, e tutti a Dio.
E che cos’è lavorare con amore?
E’ tessere un abito con i fili tratti dal cuore, come se dovesse indossarlo, proprio quel vestito, il vostro amato.
E’ costruire una casa con affetto, come se il vostro amato dovesse andarvi ad abitare.
E’ spargere i semi teneramente e mietere il raccolto in allegria, come se il vostro amato dovesse lui mangiarne il frutto.
E’ infondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i vostri cari morti vi stanno attorno e vegliano su voi.
Spesso vi ho udito dire; come parlando in sonno:
“Chi scolpisce in marmo e trova nella pietra la forma della sua anima, lui sì, è più nobile di chi ara la terra. E chi afferra i colori dell’Arcobaleno per stenderli su una tela nel ritratto di un uomo, è più di chi fa sandali per i nostri piedi”.
Ma io vi dico che il vento, non nel sonno ma nel corso del giorno, parla dolcemente alle querce gigantesche come al più piccolo degli steli dell’erba. Ed è grande soltanto chi volge la voce del vento in un canto fatto più dolce dal suo stesso amore.
Il lavoro è amore reso visibile.
Se non potete lavorare con amore ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciare il vostro lavoro e sedere alla porta del tempio a prendere elemosine da chi invece lavora con gioia.
Perché se fate il pane con indifferenza, voi fate un pane amaro che non potrà saziare che a metà la fame. E, se a malincuore spremete l’uva, nel vino la vostra riluttanza distilla veleno.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, voi fate le orecchie degli altri sorde alle voci del giorno e della notte>.
E una donna chiese: Parlaci del Dolore.
Ed egli disse:
Il vostro dolore è il rompersi del guscio che racchiude il vostro intelletto.
Come il nocciolo del frutto deve rompersi perché il suo cuore possa esporsi al sole, così dovrete conoscere il dolore.
E se sapeste mantenere il cuore in stato di meraviglia di fronte ai prodigi quotidiani della vita, il dolore non vi apparirebbe meno stupefacente della gioia;
E accogliereste le stagioni del vostro cuore, come avete sempre accolto le stagioni che passano sui vostri campi.
E vegliereste sereni anche negli inverni della vostra pena.
Molto del vostro dolore è scelto da voi stessi.
É la pozione amara con quale il medico, che è dentro di voi, guarisce il vostro io malato.
Perciò, fidatevi del medico e bevete il suo rimedio in silenzio e tranquillità.
Perché la sua mano, anche se pesante e rude, è guidata dalla mano tenera dell’Invisibile.
E la coppa che vi porge, sebbene bruci le vostre labbra, è stata modellata con l’argilla che il Vasaio ha inumidito con le Sue sacre lacrime.
Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore.
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera,
E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente riempito dalle vostre lacrime.
E come potrebbe essere altrimenti? Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
La coppa in cui versate il vostro vino non è forse la stessa cotta nel forno del vasaio? E il liuto che calma il vostro spirito non è forse lo stesso legno intagliato dai vostri coltelli?
Quando siete gioiosi, guardate nelle profondità del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che ieri vi ha fatto penare a darvi ora la gioia,
E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e vedrete che state in realtà piangendo per quello che ieri vi ha dato godimento.
Alcuni di voi dicono: <<La gioia è più grande del dolore>>; altri affermano: <<No, il dolore è più grande>>.
Ma io vi dico che essi sono inseparabili.
Essi giungono insieme, e quando l’uno si siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l’altro è addormentato sul vostro letto.
In verità voi siete oscillanti come bilance tra il dolore e la gioia. Soltanto quando siete vuoti, siete fermi e bilanciati.
E quando il tesoriere vi alzerà per pesare l’oro e l’argento, necessariamente la gioia o il dolore dovranno sollevarsi oppure cadere.
`E che cos’è lavorare con amore?
È tessere un abito con i fili del cuore, come dovesse indossarlo il vostro amato. È costruire una dimora con affetto, come dovesse abitarla il vostro amato.
È spargere teneramente i semi e mietere il raccolto in allegria, come se l’amato dovesse mangiarne il frutto.
… È grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore. Il lavoro è amore rivelato.
Se non potete lavorare con amore, ma solo con ripugnanza, è meglio per voi lasciarlo e sedere alla porta del tempio per ricevere elemosine da chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza , questo pane sarà amaro e nutrirà l’uomo affamato a metà. E se spremete l’uva con astio, nel vino, il vostro astio distillerà veleno.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l’uomo sordo alle voci del giorno e della notte.
Allora un uomo ricco disse: Parlaci dei Doni.
… Date ben poco se donate le vostre ricchezze. È quando donate voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete per il timore di averne bisogno domani?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l’osso nella sabbia senza traccia mentre segue i pellegrini in cammino verso la città santa?
E che cos’è il timore del bisogno se non lo stesso bisogno?
Il terrore della sete, quando il vostro pozzo è straripato, non è forse sete insaziabile?
Vi sono quelli che danno poco del molto che hanno, e lo danno per averne riconoscenza, e questo celato desiderio contamina il loro dono. E vi sono quelli che possiedono poco e lo donano tutto.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza , e il loro forziere non è mai vuoto. Vi sono quelli che danno con gioia, e la gioia è la loro ricompensa. Vi sono quelli che danno con pena, e la pena è il loro battesimo.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia, né cercano la virtù;
Essi sono simili al mirto che laggiù nella valle sparge nell’aria la sua fragranza. Attraverso le loro mani Dio parla, e da dietro i loro occhi sorride alla terra.
È bene donare se vi viene chiesto, ma è meglio comprendere e dare senza che vi sia chiesto. E per chi è generoso, cercare il povero è una gioia più grande che donare. E vi è forse qualcosa che vorreste trattenere? Tutto quanto voi possedete un giorno sarà dato;
Perciò date adesso, di modo che la stagione del donare sia vostra e non dei vostri eredi.
Spesso ditte: <<Vorrei dare, ma solo ai meritevoli>>.
Gli alberi del vostro frutteto non si esprimono in questo modo, né il gregge del vostro pascolo. Essi danno per vivere, perché trattenere è perire. Chi è degno di ricevere i suoi giorni e le sue notti, è certamente degno di ricevere ogni cosa da voi. E chi è degno di bere all’oceano della vita, è degno di riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale deserto sarà grande quanto la fiducia, il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il loro petto, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e il loro orgoglio imperturbabile?
Siate prima voi stessi degni di essere dei donatori ,e strumento del donare.
Poiché in verità è la vita che dà alla vita, mentre voi, che credete d’essere donatori, non siete che testimoni.
E voi che ricevete- e tutti ricevete – non accettate che il fardello della gratitudine imponga un giorno a voi stessi e a chi vi ha dato.
Sollevatevi, piuttosto, insieme con il donatore, e siano ali i suoi doni;
Poiché preoccuparsi del proprio debito è dubitare della sua generosità che ha per madre la fertile terra, e per padre Dio.
Parlaci dell’AMORE
Ed egli sollevò il capo e scrutò il popolo,e su di esso calò una grande quiete. E con gran voce disse:
Quando l’amore vi chiama, seguitelo,
Anche se le sue vie sono ardue e ripide. E quando le sue ali vi avvolgeranno, abbandonatevi a lui,
Anche se la sua lama, celata tra le sue penne, vi può ferire.
E quando vi parla, credetegli,
Anche se la sua voce può mandare in frantumi i vostri sogni come il vento del Nord devasta il vostro giardino.
Poiché come l’amore v’incorona, così vi crocifigge,
E come vi matura, così vi porterà.
E come ascende alla vostra cima e accarezza i rami più teneri che fremono al cospetto del Sole,
Così scenderà alle vostre radici, le scuoterà dove si aggrappano con più forza alla terra.
Come covoni di grano, vi accoglierà in sé.
Vi batterà finché non sarete spogli.
Vi passerà al setaccio per liberarvi della pula.
Vi macinerà fino all’estrema bianchezza.
Vi impasterà finché non siate cedevoli alle mani;
E vi consegnerà al suo sacro fuoco per diventare il sacro pane nei conviti dell’Eccelso.
In voi tutto questo l’amore compirà, affinché capiate i segreti del vostro cuore, e in quella conoscenza possiate divenire frammenti del cuore della vita.
Ma se avrete timore, e ricercherete soltanto la pace e il piacere dell’amore,
Allora sarebbe meglio che copriste le vostre nudità, e oltrepassaste l’aia dell’amore,
Nel mondo senza stagioni, dove potrete ridere, ma non tutto il vostro riso; e piangerete ma non tutte le vostre lacrime.
L’amore non dona che se stesso e nulla prende se non da se stesso. L’amore non possiede, né vuole essere posseduto;
Poiché l’amore basta all’amore. Quando amate non dovreste dire: <<Ho Dio nel cuore>>, ma piuttosto: <<Io sono nel cuore di Dio>>. E non crediate di indirizzare il cammino dell’amore poiché sarà l’amore, se vi riterrà degni, a condurvi.
L’amore non desidera che il proprio compimento. Ma se amate e ardete di desideri, siano questi i vostri desideri:
Sciogliersi e farsi simili a un ruscello che scorre e intoni alla notte la sua melodia. Conoscere la pena della troppa tenerezza.
Essere feriti dal vostro intendere l’amore,
E sanguinare volentieri e con gioia.
Svegliarsi all’alba con cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d’amore;
Riposare nell’ora del meriggio e meditare sull’estasi d’amore;
Rientrare a casa, la sera, colmi di gratitudine;
E addormentarsi con una preghiera per l’amato nel cuore e un canto di lode sulle labbra.
. . . Se qualcuno di voi volesse portare in giudizio una consorte infedele,
Pesi sulla bilancia anche il cuore del marito, e ne misuri l’anima con le giuste misure. E chi volesse frustrare l’offensore scruti lo spirito dell’offeso. E se qualcuno di voi volesse, in nome della giustizia, abbattere con la scure l’albero guasto, ne osservi le radici;
E in verità scoprirà le radici del bene e quelle del male, quelle feconde e quelle sterili tutte insieme intrecciate nel cuore silenzioso della terra. E voi, giudici che desiderate essere giusti,
Che giudizio pronunciate su chi, benché onesto nella carne, è ladro nello spirito? Che pena infliggete a chi uccide nella carne ma è egli stesso ucciso nello spirito? E come processate colui che con gli atti inganna e opprime,
Eppure è egli stesso afflitto e oltraggiato? E come punirete quelli il cui rimorso è già più grande dei loro misfatti? Il rimorso non è forse la giustizia amministrata proprio da quella legge che vorreste volentieri servire? Ma non potete imporre il rimorso a un innocente,
Né strapparlo dal cuore del colpevole. Inaspettato, esso chiamerà nella notte affinché gli uomini si sveglino e scrutino se stessi. E voi che vorreste capire giustizia, come potrete farlo, se non esaminate ogni fatto nella pienezza della luce? Solo così saprete che l’eretto e il caduto sono un solo uomo che sta nel crepuscolo del suo Io pigmeo e il giorno del suo Io divino.
La pietra angolare del tempio non è più alta della pietra più bassa delle sue fondamenta.